In questi giorni avevo voglia di ridere e, spinta anche dalla curiosità di andare a vedere uno spettacolo di cui avevo sentito molto (ben) parlare, il due aprile scorso sono stata al Teatro Comunale Parravano di Caserta per una pièce spassosissima, Benvenuti in casa Esposito, presentata grazie a un lungo e apprezzato tour. Lo spettacolo, inserito nel programma “Percorsi Partenopei”, è tratto dall’omonimo libro di Pino Imperatore e messo in scena da Alessandro Siani, Paolo Caiazzo e dallo stesso Imperatore, che ha scritto questa storia, davvero molto divertente, sulla scia di libri, serie Tv e docufilm sul tema camorra. Si parla, quindi, di “Sistema” (come è oggi chiamata la mafia campana), raccontato con acume e sano distacco descrivendo le vicende tragicomiche di una famiglia di camorristi che abita nel Rione Sanità, lo storico quartiere di Totò. Il capofamiglia è Tonino Esposito, orfano di un potente boss ma inadeguato al ruolo che adesso vorrebbe ricoprire. Tonino riscuote dal clan di cui faceva parte il padre un sostegno mensile e potrebbe quindi vivere di rendita. Invece, s’intestardisce nel voler seguire le orme paterne, senza però riuscirci per quanto è maldestro.
Benvenuti in casa Esposito non è un racconto di camorra in senso stretto, ma una storia che s’infila nelle sue maglie più interne, osservandone quotidianità ed eccessi. Lo spettacolo non offre, dunque, una critica aspra dell’argomento, ma utilizza un piano narrativo densamente comico rappresentando personaggi singolari – che arrivano a diventar ridicoli – e situazioni farsesche visti dal basso, cioè da una prospettiva che, proprio perché comica, è certamente nuova. Si mostrano con ironia fatti e personaggi della Napoli di tutti i giorni attraverso un efficace realismo umoristico. I dialoghi sono trascinanti così come i colpi di scena e i momenti di comicità assoluta, che trovano il modo di far passare anche messaggi di valore morale inseriti nella grande tradizione comica napoletana, capace di far ridere anche quando si osservano gli aspetti più difficili dell’esistenza umana. Per carità, non si scorge nessun intento didascalico, ma rimane comunque l’occasione per ripensare a quello che ci attanaglia ormai da un bel po’ di tempo. Alessandro Siani è molto presente, nella regia come nella scrittura piena di citazioni care all’universo napoletano, ma si sentono molto anche la capacità e la vivacità di tutta la compagnia. Salvatore Misticone (già noto per il ruolo di Scapece proprio al fianco di Siani), Gennaro Silvestro, Loredana Simioli, Nunzia Schiano, Piera Russo, Mariarosaria Virgili e l’ottimo Mimmo Esposito nel ruolo del fantasma del Capitano, uno dei teschi più famosi del Cimitero delle Fontanelle, considerato dai napoletani, secondo il culto delle “anime pezzentelle”, un’anima pia per le sue frequenti intercessioni nel mondo dei vivi e devoti. La “capuzzella”, teschio di un militare spagnolo, si trasformerà, appunto, in fantasma nel tentativo di riportare Tonino sulla strada dell’onestà e diventando così suo spirito guida. Della famiglia fa parte anche un’amabile iguana, acuta osservatrice delle vicende, a cui presta la voce l’attore Giacomo Rizzo. E su tutti lui, Paolo Caiazzo, attore vulcanico, intelligente, capace, profondamente comico e immediato, dotato di tempi comici perfetti. Far ridere, si sa, è faccenda complicata e difficile: ci vuole talento e forte personalità, bisogna fare attenzione a un possibile passo falso, o a una nota stonata, e poi la comicità è un fatto personale, e non tutti ridiamo con le stesse cose. Per scatenare l’ilarità si deve operare uno spostamento del punto di vista, distorcere le idee, lavorare sui luoghi comuni e su soggetti talvolta scabrosi, scavalcare i pregiudizi, essere dotati di vis comica effettiva. Caiazzo, sangiorgese doc come Massimo Troisi, popolare anche per il personaggio di Tonino Cardamone e per una galleria di altri irresistibili caratteri, si muove agilmente fra teatro, cinema e televisione e non rimane mai legato a un punto di vista immobile. Sempre attento a cronaca e avvenimenti, nei suoi spettacoli inserisce spesso commenti molto diretti e ricostruzioni storiche precise.
Curiosa e originale la divisione di Benvenuti in casa Esposito in capitoli proiettati sullo schermo alle spalle degli attori, che mostra evidente la matrice letteraria dello spettacolo teatrale.
Io, comunque, sono uscita dal teatro con i muscoli della pancia indolenziti dal gran ridere, e non ero l’unica. Se l’intento era soprattutto quello di farci scompisciare, l’obiettivo è stato raggiunto.