Dire che La bottega del caffè di Goldoni sia un capolavoro della letteratura drammatica e del teatro europeo è cosa scontata, ma questo era il pensiero costante che avevo mentre vedevo la bella versione diretta da Maurizio Scaparro, in scena il 9 giugno al Teatro Mercadante nell’ambito del Napoli Teatro Festival.
Un testo sconvolgente, che mostra i due volti di una società (quella veneziana) frivola e cattiva, ricca e decadente allo stesso tempo. Si tratta di un’opera la cui grandezza, ho sempre pensato, sta non solo nei giochi comici, nelle maldicenze (e nel dire troppo), ma nei personaggi, nel fatto che sino alla fine è difficile identificare un protagonista vero tra il personaggi. Don Marzio? Ridolfo? Non a casa è commedia di ambiente.
Protagonista vero e non tanto la bottega, quanto il campiello, la piazza su cui la bottega si apre. Scaparro disegna bene questo elemento, con una scenografia realistica e scura di Lorenzo Cutùli e le luci Maurizio Fabretti, con i personaggi che ad un certo punto, con l’evolversi della vicenda, si affacciano dalle finestre sulla piazza e danno ancor più senso a chi è il vero protagonista.
La Venezia di Scaparro è scura (il testo inizia di prima mattina) e mai veramente si illumina. Come il gioco di oscurità e luce è rappresentato da Don Marzio, vestito di nero, e il caffettiere Ridolfo, interpretati egregiamente da Pino Micol e Vittorio Viviani, contraltare l’uno dell’altro: ciarliero e maldicente il primo (anche se nella seconda parte dello spettacolo cambieremo opinione); positivo e mediatore l’altro.
Pino Micol è il vero mattatore, in gran forma e perfettamente in parte. La sua bellissima voce e i suoi modi, tic disegnano un Don Marzio finta macchietta, ma in realtà ben più profondo. Vittorio Viviani dà vita a un Ridolfo suadente e giustamente e volutamente retorico nei modi e nel dire. Applausi per loro più che meritato, così come per il resto della compagnia.
[Photo: http://www.napoliteatrofestival.it/]