Il catalogo di Angela Di Maso, anche regista, torna in scena con Massimo Finelli, Patrizia Eger e Giuseppe Cerrone, questa volta al Teatro Elicantropo, dal 28 aprile al 1° maggio, dopo l’edizione del 2014 alla Galleria Toledo.
Di ciò che è e rappresenta Il catalogo, testo potente su di un “disumano processo di umanizzazione”, ne parliamo con l’autrice.
Come nasce l’idea de Il catalogo?
Sfogliando un catalogo Ikea.
Quale è il tema centrale?
Apparentemente quello della sterilità di una coppia che si rivolge, grazia al passaparola di amici nelle uguali condizioni, ad un’azienda ‘sperimentale’ che gli fornirebbe immediatamente il tanto anelato bambino. In realtà il tema della sterilità è solo una zattera che serve ad attraversare sporche acque amniotiche per poi affondare e rivelare un altro tipo di sterilità, quella riferita ai sentimenti umani.
All’interno de Il catalogo si sente un certo sapore di Pinter e, a mio avviso, di Albee. Quali sono i tuoi riferimenti teatrali?
Ho studiato recitazione, drammaturgia con Gaetano Oliva, attore prediletto di Jerzy Grotowski, e regia con Bob Wilson, specializzandomi proprio nel teatro contemporaneo. Brecht, Beckett, Pinter, Kane, Williams, ma anche Annibale Ruccello, sono autori a me molto cari e fonti inesauribili di studio e ispirazione.
Ci saranno delle differenze di messe in scena tra questa edizione de Il Catalogo e quella andata in scena la prima volta alla Galleria Toledo?
No. Tutto è uguale. Non avrei mai potuto chiedere ulteriori sofferenze agli attori. Il catalogo è una partitura. Gli attori sono strumenti afoni, immobili, statici. Si muovono all’unisono, ma soprattutto – e qui la maggiore difficoltà per loro tanto da richiedere necessariamente il mental training prima di ogni prova – la recitazione è tutta incentrata sulla repressione dei sentimenti. Alla fine di ogni prova gli attori sono spompati. E non fisicamente.
Ti consideri maggiormente un critico, una drammaturga, una musicista o una regista? O sono tutte componenti complementari?
Io sono musicista e penso in musica. La drammaturgia nasce dalla trasformazione dei suoni in parole. La regia è direzione d’orchestra. Questo è stato l’insegnamento di Arvo Pärt, maestro col quale mi pregio di avere studiato composizione. Essere anche giornalista e critico teatrale mi apre una finestra sul mondo artistico, o che si spaccia per tale, che ci circonda, imparando o disimparando.
[Photo: Pagina Evento Facebook]