Le Olimpiadi di Rio, ormai quasi alla conclusione, spingono a qualche considerazione sul futuro di Napoli. Lungi dal voler paragonare la città carioca con quella partenopea per mole e “potenza” organizzativa, è possibile cogliere l’atmosfera olimpica per ragionare su quello che sarà il grande evento sportivo che Napoli è destinato a ospitare: le Universiadi 2019.
Ora, è anche vero che le Universiadi non sono le Olimpiadi, ma è innegabile che siano importanti e che possano essere volano per il rilancio (definitivo?) della città, sia da un punto di vista internazionale, e in questo caso la strada è già da tempo quella giusta, che interna con la creazione di infrastrutture. Non si dimentichi che le ultime grandi infrastrutture, oggi fatiscenti, sono state approntate per i IV Giochi del Mediterraneo del 1963.
È di qualche giorno fa la notizia di Gianluca Basile (dirigente dell’Università di Salerno) nominato direttore generale per l’Agenzia Regionale per le Universiadi. È di qualche giorno fa anche la dichiarazione del sindaco De Magistris della necessità di una sinergia con la Regione. Si tratta di una sinergia essenziale perché la città non si presenti impreparata (come purtroppo è stato per il Forum delle Culture). Non si dimentichi infatti che Napoli ha ottenuto l’assegnazione delle Universiadi in maniera tardiva, subentrando in corsa, dopo che Budapest e Baku avevano ritirata la candidatura e la vincente Brasilia anche aveva dovuto fare dietro front per gli elevati costi (vedi Mondiali e Olimpiadi brasiliane). Napoli, unica candidata dopo Brasilia, ha colto la palla a balzo.
Ora deve sapersela giocare. Molte volte, anche attraverso incontri, articoli, analisi, meeting, Napoli viene paragonata a Barcellona e Marsiglia, come città portuale del Mediterraneo che necessita un rilancio. Negli ultimi tempi il paragone si è ampliato anche ad Atene. Barcellona e Marsiglia, come Napoli, erano le città portuali depresse del Mediterraneo, che hanno saputo, in maniera e con modalità diverse, risollevarsi e, si passi il termine, “ripulirsi”. Marsiglia, da città pericolosa per nomea, è ormai meta turistica che ha saputo fare della sua identità parte algerina un punto di forza. Barcellona ha perseguito in maniera continuativa la politica dei grandi eventi, partendo dalle Olimpiadi del 1992 alla prima edizione del Forum delle Culture UNESCO, utilizzando gli eventi per cambiare volto, per creare infrastrutture o migliorarle davvero (si pensi alla metropolitana). Con Atene il parallelo è più complesso perché si tratta in quel caso della capitale di uno stato, laddove Barcellona e Marsiglia sono la seconda città (Napoli come sappiamo è la terza; per quanto riguarda Marsiglia è la seconda come città, terza come area urbana dopo Lione).
A chi guardare allora come modelli per le Universiadi? Ne possiamo azzardare due. In primo luogo, Baku. È vero che anche in questo caso si tratta della capitale di uno stato, l’Azerbaijan, ma esso, a differenza della Grecia che fa parte dell’Unione Europea e quindi di una tradizione e di un sistema economico, è un stato “indipendente” in ascesa solo negli ultimi anni.
Gemellata con Napoli anche per la fortissima similarità tra i due lungomari, Baku è diventata ormai sede stabile di grandi eventi: Eurovision Song Contest 2012, e soprattutto i primi Giochi Europei del 2015, il Gran Premio di Formula 1 dal 2016 e nel 2020 alcune partite dell’inedita versione degli Europei di Calcio in 13 città di più paesi, e questo solo per citare qualche evento. La stessa scelta di ritirare la candidatura dalla corsa per le Universiadi fu dovuta al fatto che Baku aveva già ospitato molti grandi eventi sportivi e non. Per le Universiadi napoletane sarebbe quindi interessante guardare a Baku, utilizzando magari anche le risorse sul territorio (a Napoli, ad esempio, agisce l’Associazione Napoli-Baku, per l’appunto).
L’altra città da prendersi in considerazione è Glasgow, prima città scozzese per abitanti e quarta (o terza) di Regno Unito dopo Londra, Birmingham e (forse) Leeds. Glasgow è una città che ha dovuto convivere per decenni con la nomea di città più pericolosa d’Europa, ad esempio per assalti all’arma bianca, e di città esteticamente brutta. Un nomea che ha saputo estirpare grazie a un lavoro di lungo periodo che parte dalla nomina a Capitale Europea della Cultura nel 1990 (quando i cittadini in festa uscirono per le strade e ripulirono davvero loro stessi ogni angolo e palazzo della città) ai Giochi del Commonwealth nel 2014. Glasgow ha saputo crescere e ormai è una venue stabile per eventi sportivi, pop, culturali, economico-politici, crescendo turisticamente. Una città europea che allo stesso punto ha mantenuto la propria identità.
Il punto fondamentale è quindi quello di fare in modo che le Universiadi 2019 di Napoli non rimangano per la città un evento isolato. Che non siano una cattedrale nel deserto. Devono essere quello che il Forum delle Culture non è stato e che Coppa America e Coppa Davis sul lungomare sono state soltanto in parte (quasi un sentore). L’inizio di una fase propositiva di Napoli a grandi livelli, pur badando alle casse e ai piccoli problemi di tutti giorni. Anzi utilizzando questi eventi per risolvere i problemi di tutti i giorni (ad esempio i trasporti). Il grande evento ha senso se subito dopo se ne riesce ad accaparrarsene un altro e poi un altro ancora, facendo diventare l’eccezionalità la prassi e il tutto un circolo virtuoso, e utilizzando le Universiadi per trainare ciò che Napoli (anche a livello di eventi anche in ambito non sportivo) già ha. Vero è che Napoli i suoi grandi eventi internazionale li ha collezionati negli ultimi anni (si pensi al World Urban Forum e al prossimo World Tunnelling Congress) e che il turismo è in crescita costante, ma necessita ora di quella manifestazione che faccia fare il salto di qualità, che unisca importanza istituzionale ad alti livelli e visitatori, che abbia appeal per un pubblico il più vasto possibile e non solo per gli specialisti.
Si lavori quindi in sinergia con la Regione, ma sin da ora si contatti Taipei e Bucarest, ad esempio, sedi delle Universiadi 2017 e 2021, creando collaborazioni che non si concentrino solo nel 2019 ma che preparino a quella data e che abbiano un seguito dopo, coinvolgendo organizzazioni, associazioni e ovviamente università. Si lavori con Roma se dovesse andare avanti la candidatura per le Olimpiadi 2024. Si lavori, infine, con Matera che sarà Capitale Europea della Cultura proprio nel 2019, creando una sinergia e un asse che possa portare veri benefici al Meridione.