Nemmeno il più buono dei bambini si sarebbe aspettato così tanti regali. Battere il Siena prima della sosta sembrava veramente cosa difficile. Non per la partita in sé, ma perché il Napoli si era portato dietro la scia di squadra stanca e un po’ stravolta dalle solite lacune organiche e dalla decisione incredibile di penalizzarla di 2 punti in classifica oltre alle squalifiche per 6 mesi di Cannavaro e Grava. Non essendoci più Lavezzi, la questione vacanze non ha suscitato alcuna polemica, alcuna questione. Tutti pronti e alla befana 4 sberle ad una pur buona Roma. Cavani devastante nonostante qualche intoppo di lucidità. Partita preparata in maniera perfetta da Mazzarri, che si prende anche la briga di polemizzare coi vari luogotenenti dei veri padroni del nostro calcio (emittenti Tv) quando sente dire che “grazie a Cavani; c’è solo Cavani”. In pieno stile mourinho, l’allenatore toscano catalizza su di sé ogni attenzione, lasciando a questi ragazzi la possibilità di lavorare serenamente e proficuamente, nonostante le pressioni, nonostante il riacutizzarsi di una speranza sopita ma mai morta: SCUDETTO.
Sì, perché ora siamo di nuovo lì. 5 punti. Che sarebbero tre, che forse saranno 3 (o quattro se, come circola negli ambienti, venga restituito al Napoli uno solo dei due punti sottratti dalla giustizia sportiva) il 17 Gennaio, quando ci sarà la decisione del secondo grado di giudizio circa la questione Calcio scommesse.
2 gol al Siena, 4 alla Roma e 3 al Palermo ieri: decidere se fa più notizia l’assenza dal tabellino marcatori di Cavani, la bomba di Inler, la riacquisita confidenza col gol di Maggio (autore di un’ottima prestazione complessiva) o la perspicacia del giovane Insigne (vecchio, quando Mazzarri ha deciso di far debuttare il fratello più piccolo, Roberto, altra speranza di popolo) che fa gol poco dopo essere subentrato ad un sufficiente Pandev. Non una grandissima prestazione del Napoli, ma perfetta per tenacia, costanza ed obiettivo. Vincere senza strafare è l’imperativo di ogni compagine vittoriosa nella storia del calcio. Barcellona escluso.
“Ancora tu?! Ma non dovevamo vederci più?” sembra cantare le Juventus, che perde in casa in superiorità numerica contro una rediviva Sampdoria per poi pareggiare nell’ultimo turno sul campo ancora imbattuto (l’unico di tutta la serie A) di Parma. Ed ecco ricompattarsi una serie di squadre che 30 giorni fa sembravano già tagliate fuori da una corsa per il primato che, ne sono sicuro, offrirà di certo numerosi spunti e battaglie domenica dopo domenica.
Un campionato livellato significa proprio questo: poter perdere con chiunque. Ed è per questo che più che ai risultati in sé bisognerebbe guardare l’etimologia degli stessi. La sconfitta del Napoli col Bologna in Dicembre non ha le stesse radici di quella della Juventus con la Sampdoria di domenica scorsa. La Lazio raccoglie il massimo quando il pronostico gli è a favore ma non riesce a imprimere forza con le parigrado (escluso il pareggio allo Juventus Stadium, frutto di una grande prestazione di Marchetti). L’Inter è in piena bagarre tecnico organica, e rappresenta più una mina vagante che una seria avversaria per il titolo. 3 vittorie consecutive dopo le due sconfitte patite per mano di Pioli e il Napoli è di nuovo lì. Gennaio ha portato con sé una ritrovata fiducia nei propri mezzi, un Maggio rispolverato, uno Zuniga attratto dalla costante possibilità di inscenare danze con il neo acquisto Armero (un acquisto ottimo per capacità espresse e modalità) e un vice Cavani come Calaio’ che non avrà la phisique du role del Top Player, ma conosce già la piazza e, siamo certi, non avrà alcun problema a restare vigile in panchina per poi dare il suo contributo in fase realizzativa.
Cavani ha parlato. Un’intervista di 18 minuti al Tg 1. Un ragazzo intimidito, sorridente e formalmente umile. Non ha pronunciato editti, ma è sembrato cosciente della sua forza e fiducioso in questa società e nelle prospettive che essa rivela. Anche il Presidente ha parlato, per fine anno. A mo’ di discorso del Capo di Stato. È sembrata più la parodia del Grande Dittatore di Chaplin, ma ha detto che spenderà, farà grandi cose. Ogni fine anno, del resto, è il momento in cui tutti si aspettano grandi cose. Da se stessi, soprattutto. E qualcuno ha l’ardire di fare proclami. Ma va bene, si tratta di calcio, di spettacolo. Passione viscerale, rilascio di istinti e furie sopra e sotto gli spalti. Cavani impazzisce quanto e più degli stessi tifosi ogni volta che gonfia la rete. Ieri è apparso triste perché non l’ha buttata dentro. Lui è così: la forma che muore quando appare la verità. La verità. Napoli gli ha dato tanto, dice, vorrebbe vincere a Napoli confessa. Gli credo. Lui vuole vincere. Vuole segnare. La gente vuole che lui lo faccia ed è pronta a sfidare distanze, povertà, gelo. Gli unici per i quali la fine dell’anno non ha forse avuto un valore di rinascita sono proprio i tifosi, tutti ma questi azzurri in particolare. Sono sempre lì. Siamo sempre lì. Svuotati d’ogni altra cosa. Non so dire se questa sia una cosa buona, socialmente parlando. Civicamente parlando. Ma siamo così. Se n’è accorto pure un ivoriano, Yaya Tourè, uno di quelli che ha vinto tantissimo, che ne ha visti di stadi.
“La mattina andammo a fare riscaldamento allo stadio, Tevez mi parlava di questo stadio, ma io che ho giocato nel Barcellona mi dicevo, che sarà mai – ha rivelato l’ivoriano a ‘Sky’ – Eppure quando mise piede su quel campo senti’ un qualcosa di magico, di diverso. (…) La sera quando ci fu l’inno della Champions, vedendo 80mila persone fischiarci mi resi conto in che guaio ci eravamo messi – ha raccontato il centrocampista – Fu lì che mi resi conto che questa non è una solo squadra per loro, questo è un amore viscerale, come quello che c’è tra una madre ed un figlio! Fu l’unica volta che dopo aver perso rimasi in campo per godermi lo spettacolo”