Tornato a casa dopo Napoli – Milan ho immediatamente pensato che la squadra stesse pagando una serie interminabile e, per certi versi, inspiegabile di errori della guida tecnica e della società. Gioca male, il Napoli. Trame disordinate, movimenti difensivi eseguiti con superficialità, carenza di variabili tattiche quando per merito degli avversari o per demerito degli attori in campo non si riesce a dare sfogo sulle fasce laterali. Senza voler tirare la croce su nessuno, appare palese che gente come Maggio, Campagnaro, Pandev già prima dell’infortunio stiano attraversando un momento di pessima condizione fisica che si riflette anche sulle scelte tecniche degli stessi calciatori durante la partita. Il secondo gol di El Shaarawy sabato scorso è quanto di più esemplificativo ci possa essere per tutto ciò. Campagnaro che difende larghissimo, Mesto e Maggio confusi dai loro limiti ma ancor prima dalla trovata tattica di Mazzarri, nessun centrocampista che esce sul portatore. Insomma, non sono tanto i punti persi a pesare in una valutazione complessiva, ma i come, i perché, l’incapacità di gestire con la rosa le assenze o alcuni stati di forma oggettivamente precari. Un’altra verità che mi sono portato dal San Paolo sabato sera, che comunque s’era già fatta strada fra i miei credo, è quella che vede Insigne e Mazzarri in completa distonia. Com’è possibile che un ragazzino di Frattamaggiore così forte, così viscerale, così incosciente come sono tutti i ragazzi a quell’età specie se hanno a che fare col calciare un pallone, sembri giocare col culo stretto? Che lo vedi stressato dopo ogni tiro che non va in porta, dopo ogni passaggio misurato male? Se Hamsik non avesse sbagliato quel gol che è sembrato a tutti facile facile, probabilmente il Napoli avrebbe portato a casa i 3 punti. Mica ci si sogna di imputare allo slovacco i 2 punti in meno? E allora perché Mazzarri prende la sciabola sin dalla panchina ogni qual volta il buon Lorenzo calibra male un piede o un pensiero? Che l’allenatore toscano sia un valore aggiunto, non v’è dubbio. Che persino noi tutti, quasi quanto il suo ego lo costringe a fare, gli attribuiamo gran parte dei meriti di questi begli anni azzurri, è cosa nota. Tanto nota che ogni suo errore appare ancora più evidente. Insigne è un patrimonio. Del Napoli e del calcio. Velocità e genio, sfacciataggine e fame. Insigne non deve scappare, non è la gazzella. Mazzarri questo deve capirlo. Trattarlo con la reverenza con la quale trattava il vecchio eroe Lavezzi. Perché ingabbiare Insigne in mille frustrazioni tattiche, per poi farlo sentire un assassino a tal punto da passare indietro – e male – a Cavani, invece di dribblare uno svampito Abbiati e metterla dentro? Perché non capire che non puoi sostituire il folletto con Mesto, creando tra l’altro una confusione in mezzo al campo che, anche se non immediatamente, abbiamo poi finito per pagare? Invece di questo gelo programmato, parla chiaro Mister. Di’ alla società e a noi che la tua idea di 13 titolari al massimo non può essere “vincente” alla lunga. Persino se avessi Cristiano Ronaldo. Noi staremo dalla tua parte, Mister, perché noi non dobbiamo niente a nessuno. Il canone della tv, i biglietti e le spese annesse per lo stadio, le file e i costi per le trasferte: noi paghiamo ogni singolo gol, ogni ora di allenamento e penso anche che, prescindendo volontariamente da un ampio discorso sociale e forse anacronistico che verterebbe a sfavore dei vostri compensi, anche voi facciate ciò che dovete per giustificare i vostri guadagni. Ciò che diventa fondamentale, in questo scambio, sono le emozioni e la lealtà. Per le prime, sfido chiunque a quantificare l’amore che dà Napoli e i napoletani; per la seconda mi sa che il più dobbiate farlo voi. Intendo tutti, dal Presidente a Rosati.
Poi c’è stata Stoccolma. Piena di tifosi al seguito, come sempre. Si sfidavano una tra le prime 16 squadre d’Europa dell’anno passato contro il piccolo Aik Solna. Qualcuno ha scritto e detto di un’impresa; io ho visto l’ennesima dimostrazione che il Napoli non possiede una rosa complessivamente adatta a lottare (restare ai vertici potrebbe essere una richiesta sensata e doverosa, VINCERE è tutt’altra cosa e sono convinto che nemmeno il tifoso più tarato imputerebbe colpe per un campionato perso di 5 punti o l’uscita da un’Europa League a favore di un Manchester City piuttosto che un Chelsea) per tutte le competizioni a cui partecipa, e che Mazzarri non riesce a tenere alte rispettivamente tensione e saggezza tattica. E’ sempre un “o l’una o l’altra”. Ma c’è da dire qualche altra cosa. C’è da dire CAVANI. Tatuarselo, finanche. C’è da dire che sono tre anni consecutivi che gli azzurri accedono alle fasi ad eliminazioni delle competizioni europee cui partecipa (2 di Europa League e l’anno scorso la famigerata e magnifica Champion’s). C’è da dire che capisci, al di là della noia che provoca il doversi subire la retorica del “ogni partita è difficile”, quanto possa comunque essere complicato anche solo passare i gironi fatti di piccole squadre, pensando al Liverpool che se la vede brutta, all’Udinese che lo batte e poi perde 6 punti su sei con la terza squadra svizzera. Insomma, non mi sono spellato le mani giovedì, ma sono felice e orgoglioso che il Napoli ci sia. Non potendo però prescindere dal ricordare ancora una volta il Matador e i suoi 5 gol tra Dnipro e Aik, senza i quali, molto probabilmente, ora staremmo parlando di un altro, seppur minore, fallimento.
Arrivando alla più stretta attualità c’è Cagliari. Con quest’assurda rivalità fomentata ogni santissimo anno dal presidente rockettaro Cellino, che fa vivere ai propri tifosi un’atmosfera da battaglia di Sterling, tutte le volte. E li senti, questi giovani sardi, inveire con rabbia e razzismo assurdi manco fossero di busto arsizio, manco la loro squadra fosse la nazionale padana. Mancavamo di Cavani. E già solo scrivendolo, pure a posteriori, è 1 a 0 per il Cagliari. Specie per questo Napoli dell’ultimo mese. Mazzarri compone la difesa inserendo il redivivo Britos, e questi si dimostra difensore di spessore, attento e lucido, mancando di corsa ma sopperendo alla stessa con una grandissima qualità nell’anticipo. Gamberini e Cannavaro funzionano a dovere, nonostante una serie di lanci lunghi che si spiegano soltanto grazie a quella incapacità di differenziare le trame di gioco. Hamsik fa fatica, schierato da punta per le assenze concomitanti di Cavani e Pandev, mentre Dzemaili continua ad arrancare in un ruolo in cui non si sente a proprio agio, avendolo persino espresso pubblicamente 7 giorni fa. E’ un Napoli operaio, Insigne è un’ape che prova a pungere ogni qual volta gli capita la palla fra i piedi. Scelte sopraffine, come quella che gli ha permesso di evitare un impacciato centrale della difesa rossoblu e sfoggiare una parabola a giro che ha colpito il palo interno per poi scivolare via; meno poetiche ed efficaci invece quelle che lo hanno visto fare la scelta sbagliata, tirare avendo l’uomo libero da servire, o servire quando invece tutti sapevano andasse centrata la porta. E questa cosa ha a che fare con ciò scritto in precedenza: appare agitato, Lorenzo. Non insofferente, non di certo in rotta con l’allenatore, ma in ansia. I compiti che gli chiede Mazzarri sono degni di uno spaccapietre. E lui, a differenza di chi ha sostituito in campo e nel cuore dei tifosi, si è convinto di dover adempiere a tali compiti, rinunciando però, a differenza del Buon Lavezzi, ad una lucidità e ad un cecchinaggio da goleador invidiabili. Il Napoli visto all’Is Arenas ha badato al sodo. Limitare l’isterismo offensivo del Cagliare e poi cercare di imbastire azioni d’attacco con pochi uomini. Il centrocampo non ha seguito come al solito le sortite in avanti, ma ciò ha permesso di trovarsi sempre pronti quando gli isolani ripartivano di foga. Personalmente non mi aspettavo una prova così concentrata da parte degli azzurri visti ultimamente. E non credevo che Mazzarri riuscisse ancora, nel breve, a serrare i ranghi in modo così fruttuoso. Una vittoria tutto sommato meritata, venuta fuori dal piede del solito Hamsik che si è goduto uno dei soliti rimpalli che capitano nelle azioni di Zuniga (un giocatore che farei difficoltà a giudicare). Pochissimi se non nulli i rischi corsi dalla retroguardia che, a onore di cronaca e di valutazione tecnica, sembra avere in questo terzetto la quadratura migliore al momento. Tutto piccone e randello, questo Napoli. Strumenti operai maneggiati da alcune mani di fata. Sarebbero piedi, in questo caso, ma a 2 punti dal primo posto ci si può lanciare anche in qualche verbale volo pindarico. Tanto, mentre noi non possiamo far altro che parlare, sabato la prima in classifica giocherà il derby. Domenica alle 12 e 30 toccherà invece a noi. Magari torneremo a casa dallo stadio giusto in tempo per il Primo.