Il ritorno di James Taylor (6 marzo 2012) nella Capitale del Sud dopo un paio di decadi ha avuto il sapore di un incontro tra vecchi amici, sebbene si sia trattato, per suo merito e fortuna, di un incontro piuttosto affollato, visto che il Teatro Augusteo, che ospitava il concerto, era gremito in ogni ordine di posti. Del resto lo stesso sottotitolo dell’evento spingeva le attese del pubblico in questa direzione: “an intimate evening with the quintessential James Taylor”. E davvero il grande songwriter di Boston non ha deluso le attese dei suoi molti fan partenopei, eseguendo la quintessenza del suo repertorio in un concerto semiacustico, affiancato da un titano della batteria, il grande session man Steve Gadd, da Jeff Babko al piano e da Jimmy Johnson al basso: nella scaletta della serata c’è stato posto per tutti i classici targati JT: dai primi brani del 1968, prodotti dalla Apple, la leggendaria etichetta dei Beatles (non a caso l’artista ha omaggiato Paul McCartney in un’accorata cover di “Yesterday”, (James Taylor live in Naples 6/03/2012), come “Something in the way she moves” e “Carolina in my mind”, passando per “You’ve got a friend”, “Fire and rain”, “Sweet Baby James”, alle movenze soul/blues di “Steamroller”, “Mexico” e alle suggestioni di prove più recenti (“The frozen man”), per chiudere con le travolgenti “Shower the people” e “How sweet it is (to be loved by you)”. Stiamo parlando davvero di un mostro sacro della canzone americana, che in 45 anni di carriera ha raccontato sogni e speranze, disillusioni e inganni di tre generazioni, che nell’esplosione del flower power e della hippy generation ripiegava su temi intimistici, sulla poesia minimal, quasi preconizzando, col suo fare appartato, il riflusso della generazione dei ’70 e lo sbandamento degli anni reaganiani, ma sapendosi rinnovare con arguzia, senza farsi schiacciare dal peso ormai ingombrante della fama e del repertorio. Oggi JT è un omone di poco più di sessant’anni, che mette gli occhiali per leggere la scaletta e il cappello per nascondere la calvizie, con le gambe sempre più lunghe del busto, ma appare pur sempre quel “walking man” dall’instancabile ricerca musicale e dalla capacità inimitabile di creare atmosfere raccolte nei propri live, con quella voce di velluto che non ha perso nulla della propria magia, anzi col tempo ha assunto sfumature inedite. Non ci resta che seguirlo, James, nel prosieguo del suo tour italiano, fino a fine marzo, da Cagliari a Roma.
(Per info: http://www.jamestaylor.com).