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Cinema, Spettacolo

«Ritratto del cineasta da giovane». A Napoli, “Qualcosa nell’aria” di Olivier Assayas

Lottavano così come si gioca
i cuccioli del maggio era normale
loro avevano il tempo anche per la galera
ad aspettarli fuori rimaneva
la stessa rabbia la stessa primavera…”

(Fabrizio De André, Canzone del maggio, 1973)

Grazie all’accorta politica autoriale degli storici cinema Filangieri e America Hall di Napoli, approda nel capoluogo partenopeo anche l’ultima, intensa pellicola, di uno tra i massimi cineasti francesi degli ultimi trent’anni, quell’Olivier Assayas (classe 1955, Photo©Michela Iaccarino), figlio d’arte nutrito di appassionata e divorante cinefilia che lo avvia giovanissimo sulla strada della critica militante dalle colonne dei Cahiers du Cinéma (celebre e fondamentale anche la sua Conversazione con Ingmar Bergman), ma anche fulgido rampollo degli ideali sessantottini, nonché entusiasmato cultore e storico del rock (e musicista egli stesso).

Tutte queste influenze e attitudini confluiscono – com’è naturale – nel suo cinema, fin dagli esordi. In Qualcosa nell’aria (Après mai – Something in the air), in concorso a Venezia 2012 (meritata osella d’oro per la migliore sceneggiatura) si ritrovano e dialogano felicemente i migliori talenti del cineasta parigino: in quella che è un’accorata autobiografia en travesti (Gilles è palesemente modellato sul giovane Assayas), si riscoprono il felice pennello con cui il francese dipinge – con sapiente dosaggio di sfumature – la bellezza e la paura dell’adolescenza, l’irruenza e le contraddizioni della giovinezza, i primi turbamenti amorosi, la scoperta del sesso e dell’impegno politico durante l’età acerba (in questo senso il film continua il discorso sempre aperto cominciato con Désordre e proseguito con titoli come Il bambino d’inverno, Contro il destino e L’eau froide), nella cornice storicizzata della Parigi dei primi anni ’70, con il testimone della contestazione passato a quanti nel maggio ’68 erano ancora “cuccioli”, nel furore di ideali rivoluzionari che incendiano strade e coscienze (la pellicola si apre su una memorabile sequenza di scontro tra giovani e polizia, che richiama alla mente lo splendido Garrel di Les amants réguliers, con cui il film di Assayas sottilmente dialoga, ma che sembra curiosamente ripartire lì dove il Bertolucci di The Dreamers si era fermato…), che il regista rievoca con una dolcezza e una partecipazione che sfiorano la nostalgia, senza mai farsene travolgere (Je ne regrette rien, cantava Edith Piaf, già sui titoli di coda del titolo bertolucciano citato…). I giovani di Assayas viaggiano nello spazio (approdano anche in costiera amalfitana) e con la mente (cercando con le droghe di aprire le “porte della percezione”) alla ricerca di se stessi e del loro posto nel mondo. Al di là del potere vivificante dell’utopia.

Straordinario ritratto d’epoca e generazionale, innocente e sfrontato, con una soundtrack filologica zeppa di titoli incantatori (Syd Barrett, Nick Drake, Jimi Hendrix su tutti) – come sempre nel cinema del nostro – abitato da una coralità inquieta (in cui svettano le notevoli sincerità d’ispirazione dei giovanissimi Clément Métayer e Lola Créton, le giuste facce scovate da Assayas), da umori cinefili che dicono – in poche sequenze – della formazione del regista più di quanto potrebbe una qualsivoglia monografia (le esperienze del cinema commerciale del padre sceneggiatore Jacques, poi incanalate in un personalissimo percorso autoriale ed identitario).

Qualcosa nell’aria (Après mai – Something in the air, Francia 2012, 122’)

di Olivier Assayas

Cinema Filangieri

America Hall

Napoli

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