Il centro della tragica vicenda umana e politica di Giovanni Passannante (1848-1910, fonte foto: Wikipedia), cuoco anarchico di Salvia (oggi Savoia) di Lucania, passa per Napoli: nel capoluogo partenopeo, infatti, si consumò, il 18 novembre 1878, il suo attentato “dimostrativo” ai danni del re d’Italia Umberto I (poi ucciso da un altro anarchico, Gaetano Bresci, nel 1900), per realizzare il quale Passannante vendette la sua giacca per un coltello dalla lama di quattro dita, “buona per pelare le patate, non certo per uccidere un uomo”; lo sgraffio al re ed il grande spavento suo e della regina Margherita costarono all’attentatore pesanti torture nel carcere di S. Francesco a Napoli, un processo conclusosi con la sua condanna a morte poi commutata in ergastolo dalla clemenza reale, una reclusione disumana al buio di una cella sotto il livello del mare (a Portoferraio) che lo condusse alla cecità e alla follia; il manicomio di Montelupo Fiorentino ospiterà i suoi ultimi giorni, nel 1910, ma la crudele beffa della storia è dietro l’angolo: dopo il decesso, Passannante verrà decapitato ed il suo cranio ed il suo cervello esposti al museo criminologico di Roma sotto la lombrosiana dicitura di “criminale abituale” (lui che non aveva ucciso nessuno, subiva la spietata e spropositata “vendetta” sabauda).
Con il suo atto “politico”, Giovanni Passannante, al grido di “Morte al Re, Viva Orsini (attentatore di Napoleone III nel 1858, ndr), Viva la Repubblica Universale!”, intendeva denunciare le vessazioni dei nuovi governanti d’Italia, i Savoia, semplicemente sostituitisi ai Borboni nel Sud, senza migliorare (anzi, peggiorandole) le condizioni di vita dei contadini, dei braccianti, degli emarginati, dei miseri, degli ultimi tra gli ultimi: con un tentato regicidio, avrebbe voluto – come disponeva lo Statuto Albertino – farsi processare dal Senato del Regno, con lo scopo di trasformare il suo processo in un processo “politico” ai Savoia: ma le cose non andarono come egli aveva previsto: il potere costituito, più forte di lui, lo schiacciò.
Il cervello ed il cranio di Passannante sono rimasti nel citato museo fino a 5 anni fa, nel 2007, quando sono state finalmente (e doverosamente) traslate nel cimitero del paese natio (ridenominato Savoia di Lucania a mo’ di perdono collettivo richiesto dal paese ai regnanti), dopo ben 97 anni. A determinare la traslazione, la battaglia condotta dall’attore lucano Ulderico Pesce, dal leader dei “Têtes de bois” Andrea Satta e dal giornalista Alessandro Marchitelli, autori di una petizione al Ministero di Grazia e Giustizia che ha raccolto migliaia di firme.
Gli stessi hanno scritto ed interpretato, per la regia di Sergio Colabona, “Passannante”, un film che ripercorre la vicenda dell’anarchico e la lunga battaglia per restituirlo alla sua terra, con un ottimo Fabio Troiano come protagonista: la pellicola, uscita ora in dvd per CG Home Video (€ 17,90) ha il merito di riportare alla luce una vicenda sepolta dalla Storia, e lo fa mescolando – sul piano narrativo – segmenti di ‘fiction’ che ricostruiscono i fatti storici a sequenze contemporanee che vedono i tre “eroi” di questa battaglia civile alle prese con ore e ore di anticamera davanti alle porte del Guardasigilli di turno, a spezzoni dello spettacolo teatrale su Passannante che Pesce porta da anni in giro per l’Italia, a materiali di repertorio (le clip sul ritorno in Italia dei Savoia e sulle vicende dell’arresto di Umberto di qualche anno fa). Pur con qualche caduta di ritmo e con qualche didascalismo di troppo, “Passannante” è un piccolo film di altri tempi, che strizza l’occhio alla cinematografia civile di Paolo Benvenuti ed il suo discorso sulle aporie della Storia: la regia di Colabona è in qualche modo neutra, trasparente, funzionale all’emersione del valore paradigmatico degli avvenimenti narrati, sapientemente ricostruiti.
Impeccabile ma standard l’edizione in dvd (il riversamento è accompagnato dal solo trailer).
http://www.cghv.it/f20608/PASSANNANTE