“Ma non si fa così…”
Accolto con un lunghissimo applauso alla Berlinale e con grande entusiasmo dalla stampa italiana, Diaz – Don’t Clean up this blood è stato presentato in anteprima ad inizio mese al Modernissimo ed è ancora in cartellone.
Diaz è il nome di molte scuole italiane. Ce n’è una anche Genova. Poco più di dieci anni fa a Genova c’è stato un G8 – un summit che vede l’incontro tra rappresentati dei paesi più ricchi del pianeta con il fine di “trovare soluzioni alle principali questioni globali”. Questo G8 portò a Genova molti, moltissimi manifestanti No-Global. Mani-festanti. E i Black Block. La malagestione degli scontri in città deturpò la storia con due fatti indimenticabili e imperdonabili. L’assassinio di Carlo Giuliani e “la Diaz”. La digressione è semplice ma necessaria. Il Genoa Social Forum ospitò per qualche giorno nella Diaz un dormitorio di emergenza per manifestanti e giornalisti in una città ormai inospitale dominata da un clima di guerriglia urbana. La notte tra il 20 ed il 21 luglio 2001 entrano nella Diaz , circondata dai Carabinieri, trecento poliziotti invasati con il pretesto di una perquisizione in un luogo ritenuto probabile rifugio degli appartenenti al blocco nero. Si spegne la luce del diritto ed al buio della violenza lecita si consuma la notte della ragione. Novantatré persone furono aggredite, ferite gravemente e umiliate, trattenute in condizioni vergognose, arrestate, incarcerate e gli stranieri espulsi dal Paese.
Diaz – Don’t Clean up this blood non è un film spietato, come a molti ingenui sarà sembrato o sembrerà. Ma un racconto semplice e verosimile della degenerazione occidentale. Cento minuti di tensione e violenza. Senza pietismi. Cento minuti di mancanza d’aria e voglia di fuggire dalla poltrona e a nessuno che venga in mente di dire: – tanto è solo un film. Cento minuti che vorrebbero essere asciutti e ma si lasciano frazionare dalle ricostruzioni digitali di una città videogioco e, soprattutto, dal volo di una bottiglia. DIAZ è un film che come molto cinema italiano buono e nuovo soffre di qualche piccola ingenuità. Nessuna recitazione brilla. Eppure non pare un difetto. Ed è intrigantemente giocata l’ambiguità fotografica tra reperto e ricostruzione. Daniele Vicari ha girato un film veramente drammatico, senza alcun finale se non le dichiarazioni con le quali si prende la responsabilità di aver aderito agli atti dei processi che seguirono i fatti di Genova.
“Voi che vivete sicuri nelle vostre tiepide case… Meditate che questo è stato.”