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Un napoletano non smetterà mai…

Pur essendo ignorante in materia, conosco bene l’importanza che ha il calcio per un tifoso, nessuna città più di Napoli ne esprime a pieno il valore e la relativa consapevolezza. Noi napoletani, inoltre, non neghiamo che l’eccitazione per una partita vada ben oltre i novanta minuti in cui si compie.

Abbiamo ben nitida nella mente, insomma, l’indispensabilità della nostra inscalfibile fede calcistica.

In special modo, in questo periodo di rinascita del Napoli, che sta riacquistando il suo meritato lustro, che porta a casa vittorie inaudite che strappano lacrime anche ai più duri di cuore.

A qualcuno, però, ciò non va giù. Attribuirei casi simili a forti ignoranze, stupidi preconcetti, o chissà, un indecente senso dell’umorismo.

Fabrizia Argentieri scrive, riferendosi alla vittoria contro il Chelsea, un editoriale per il Tempo: “sognare è lecito. Persino ai napoletani. Un popolo costretto a soffrire. La disoccupazione e la camorra. E andando a ritroso nella storia la fame, il colera, la carestia, l’occupazione nazista e quella alleata, la dominazione straniera. È per questo che i napoletani festeggiano tanto. A loro, popolo di straccioni, basta aver stracciato per una sera i ricchi e blasonati inglesi dell’aristocratico quartiere londinese di Chelsea. Basta aver annientato l’ivoriano Drogba, uno al quale sono stati offerti 23 milioni a stagione, una cifra con la quale ci si paga tutto il Napoli per un anno. Aver visto svanire Cole e Lampard, Essien e Sturridge. Insomma, basta aver goduto una notte. Perché solo di notte i sogni si possono avverare”.

Parole forti che trascendono sia telecronaca che l’entusiasmo sportivo, divenendo soltanto insulti verso quella che la giornalista ritiene essere una categoria di uomini travagliati e per questo straccioni.

Titola il suo articolo “nessun napoletano lo ammetterà mai”: io, da fiero partenopeo, ammetto che ha soltanto rivoltato il dito nella piaga elencando problemi della città che forse dimentichiamo nell’istante in cui il Napoli entra in campo, perché più che sognare abbiamo bisogno di annullare la realtà per qualche minuto. Ammetto anche che sto trattenendo l’ira per non cedere ad un tranello forse premeditato da chissà quale sensazione di impotenza ed avallare così un’infima teoria.

Ribadisco che, ahimè, di calcio comprendo ben poco ma conosco bene la città presa di mira da quella che ho sentito già nominare altrove Hitler brandi-penna da strapazzo, che ha saputo guastare (velenosamente?) scrivendo di un’occasione alquanto gaia e di puro diporto, è di essa posso dire che Napoli avanza sempre con il suo incesso regale senza mai vacillare né facendosi scalfire dalle problematiche con cui convive. Spero vivamente che la “signora” Argentieri legga le parole di questo povero “straccione” che si permette di invitarla personalmente a viversi qualche giorno avvolta dal calore di questa città e del suo popolo. Vorrei potesse pascersi dell’allegria delle strade, dei monumenti che tolgono il fiato e della gioia che c’è negli occhi dei ragazzini che giocano a pallone per strada con indosso il ventidue del Pocho. La invito a crogiolarsi dei cliché positivi che segretamente coltiviamo qui, potrà così rendersi conto che, non basterebbero duecentotrenta milioni di miliardi di euro per ricreare un altro paradiso martoriato qual è questa città. Aggiungo che ha ragione nell’elencare tutto ciò che Napoli ha patito, e mi unisco a lei, nella sua puerile macedonia di luoghi comuni, dicendo che :”ciò che non uccide, fortifica”. E noi siamo forti, forse troppo, dentro e fuori ai campi da gioco e nonostante tutti i mali contro nei quali ci districhiamo non facciamo mancar mai un sorriso sincero al prossimo. Festeggiamo così tutte le nostre vittorie quotidiane, e lei questo sorriso non lo potrà mai divellere.

Forse un napoletano, me compreso, non l’ammetterà mai, che non siamo costretti a soffrire, siamo obbligati a gioire, anche solo di un gol o di un raggio di sole.

In conclusione di queste troppe parole ed energie, mi sa che dobbiamo imparare ad ignorare l’ignoranza e sdegnarla con un ghigno.

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