Ascolto con interesse “’O Sanghe”, il pezzo che dà il titolo al nuovo omonimo album di uno dei miei musicisti preferiti, James Senese, e ci trovo subito echi di John Coltrane e James Brown, atmosfere black, groove e ritmiche particolari, avvertendoci però meno rabbia, meno “incazzatura” del solito. Il sentimento d’amarezza è sempre presente come in passato: il sound è quello, è riconoscibile, ma è forse meno “gridato” nonostante la carica espressiva sia, se possibile, ancora più forte. Si parla di prepotenze, di ingiustizie, di povertà, di guerra, di dolore. Provo a chiedere a lui.
Possibile che il tuo modo di cantare si sia “addolcito” fino a farsi preghiera? San Gennaro è molto presente nel video, insieme ad altri riferimenti religiosi.
Guarda, non è proprio così: sono solo migliorato nei sentimenti e nei valori, e oggi avverto ancora di più il bisogno di far capire al popolo che io ho sempre difeso il Sangue e il sudore della povera gente, e ho capito che solo un grande miracolo del Signore potrà salvare la nostra anima, che in parte stiamo perdendo.
Quanta Napoli c’è nel disco, e perché hai scelto di intitolarlo “’O Sanghe”?
C’è tutta la mia Napoli dentro: i dispiaceri, le sofferenze, i giovani che non sanno più dov’è il sentimento e si comportano di conseguenza trasgredendo con tutto e tutti. ’O Sanghe è una parte di tutto questo.
Il tuo sax è sempre a metà strada fra Napoli e il Bronx, oppure c’è qualche “deviazione” geografica nella nuova produzione?
No, no, nessuna deviazione: io canto l’amore e la disperazione, ed è questa la voce del mio Sax.
Fai una musica molto “piena”, in un certo senso shuffle. Oggi ti senti più funk blues, jazz, mediterraneo o cantautore?
Non mettere etichette: io faccio musica mediterranea, che parte direttamente dalla terra che mi ha partorito, e non ci sono generi ma sensazioni che vengono dal cuore.
Un tuo pezzo famoso, tratto dall’album Ngazzate nire del 1994, s’intitola “Napule t’è scetà”. Tu non hai mai lasciato Napoli, abiti da sempre a Miano. Secondo te, che momento è questo per la città?
Non ci sono momenti, ci sono cambiamenti dovuti al sistema che da una parte si evolve mentre dall’altra fa in modo che non sai più come devi guardare il mondo, e dunque certo che sono cambiate delle cose. Ma questo succede dappertutto sulla terra.
So che te lo chiedono in tanti, ma non riesco a trattenermi: mi lasceresti un ricordo speciale che ti lega a Pino Daniele?
No, non mi piace lasciare ricordi legati a Pino: tutti sanno qual è l’amore che io provavo per lui. Eravamo come due fratelli. Ci siamo conosciuti e amati a vicenda da subito.
A parte il tuo pregevole sax, molti ti ricordano anche per l’indimenticabile intervista con Lello Arena in No, grazie, il caffè mi rende nervoso, film di Ludovico Gasparini del 1982 con, fra gli altri, il grande Massimo Troisi. Che ricordo hai di quel set?
Non amo fare l’attore, però mi rimane dentro molto forte l’incontro con una parte vera dei sentimenti del nostro Sud. Ci divertimmo moltissimo.
“’O Sanghe” racconta quindi di gente che “butta” il sangue (come si dice a Napoli) per tirare avanti aggrappandosi a un Cristo che potrebbe salvare l’umanità. C’è anche quest’idea nel testo?
Certo che c’è anche questa idea: guarda che è proprio questa l’idea portante di tutto il disco!
Una parola sui musicisti di Napoli Centrale con cui collabori da sempre.
Qua stai sbagliando, e allora chiarisco subito: Napoli Centrale sono io, e non il contrario. Io non sono un collaboratore, non siamo due cose separate, va tutto verso una sola direzione. Il nome qua è JNC, che non significa James e Napoli Centrale: lo puoi chiamare James Senese o Napoli Centrale, ma è la stessa cosa.
Grazie James. E buon lavoro
Buon lavoro a voi.