La storia dello Sri-Lanka diventa uno spettacolo teatrale allestito da una compagnia singalese di Napoli diretta da Mandala Dias.
Con un ringraziamento speciale a Rajiv SILVA
Kanakokku, tradotto letteralmente dal singalese, vuol dire “cigno ferito”, il suo canto straziato è sinonimo di cattiva sorte. Con questo titolo metaforico, il regista, scenografo, marionettista ed attore, Mandala DIAS, mette in scena un dramma politico, che ripercorre, con lucido revisionismo storico, i soprusi, le torture e le umiliazione subite dalla povera gente del suo paese da parte di dittature politiche e militari. Lo stage drama, della durata di circa un ora e mezza , diviso in quattro atti, tocca nell’aspetto formale determinati periodi storici ben precisi, ma allo stesso tempo, mantiene nei contenuti un messaggio universale e facilmente comprensibile da qualsiasi cultura.
In effetti questa è stata la vera sfida di Mandala DIAS, ovvero quella di risvegliare le coscienze della sua gente immigrata a Napoli, attraverso l’arte e la cultura, ma anche quella di risvegliare l’attenzione pubblica del territorio di fronte all’evidente fenomeno dell’immigrazione e dell’integrazione del popolo singalese , tra le comunità straniere più numerose a Napoli. Per scrivere questo articolo e quest’intervista, sono stato accolto dall’intera compagnia teatrale, composta da ben venti elementi, gente che non fanno gli attori nella vita, scelti dal regista proprio per la loro autenticità, per il loro sguardo, per il loro carisma naturale di gente genuina. Più che una compagnia ho conosciuto una famiglia, gente che dopo otto ore di lavoro, si univa nel costruire un pannello scenografico o degli oggetti per l’attrezzeria di scena, tutti i costumi ed i materiali, sono stati recuperati alla meglio, ma con attenzione e cura dei particolari, del legno recuperato dalla spazzatura è stato usato per costruire dei fucili di scena, mi hanno accolto come uno della famiglia, ho mangiato con loro, ho assistito alle prove, ho chiacchierato di vita, di differenze culturali e religiose, di come uno straniero può raccontarmi la poesia della mia città, quella poesia che a volte i miei occhi stentano a vedere. Sono uscito da questa bellissima esperienza sicuramente più arricchito e consapevole di quelle piccole differenze che in fondo poi ci uniscono.
Adesso però lascio parlare Mandala DIAS, augurandogli tanta “merda” , per la prima del suo spettacolo che si terrà , domenica 17 novembre alle ore 18,30 al Teatro Auditorium Salvo D’Acquisto dei Salesiani in via Morghen N° 60, al Vomero ( per info e prenotazioni : info@teatro-salesianivomero.it – 3471494863) , ricordiamo che lo spettacolo è in lingua singalese , ma agli spettatori italiani verrà consegnata una brochure , che aiuterà nella traduzione dei dialoghi e nel seguire le vicende rappresentate, speriamo in un paio di giorni di replica.
Parlaci dei tuoi inizi e della tua formazione teatrale .
Fin da bambino, ho subito il fascino del teatro, mia madre si dilettava a recitare e mi portava spesso con lei quando si esibiva sul palco. Una sera, dietro le quinte, durante uno spettacolo a cui lei partecipò, venni notato da alcuni insegnanti di recitazione, che mi consigliarono di frequentare un corso teatrale, perché notarono in me del talento artistico. In seguito ho deciso di specializzarmi in scenografia, ed ho lavorato a molti spettacoli nel mio paese, sia come attore che come scenografo, avevo un doppio ruolo diciamo ( ride ). Ho poi frequentato anche un corso da marionettista, con un maestro belga, che era venuto ad insegnare nel mio paese questa particolare disciplina. Avendo una buona formazione scenografica e pittorica, sono diventato in seguito suo assistente. Quest’esperienza molto importante mi ha poi permesso di lavorare a molti programmi per bambini nella televisione di stato dello Sri Lanka. Nel 1992 mi sono poi trasferito in Italia, mantenendo sempre viva questa mia passione, pur facendo lavori diversi .
Ci racconti i motivi che ti hanno spinto a realizzare questo tuo ultimo spettacolo ?
I miei maestri, durante il corso di teatro, mi hanno sempre detto che la drammaturgia, nasce da un attenta osservazione della realtà . Col tempo ho approfondito , attraverso la lettura di libri e lo studio di alcuni particolari argomenti, quest’aspetto. Il potere dei pochi, in qualsiasi cultura, è rappresentato dalla sottomissione dei più deboli. Politicamente questa realtà è molto attuale nel mio paese, siamo passati dal colonialismo britannico, che sfruttava le nostre risorse umane e territoriali, ad un potere di facciata singalese, che ha continuato, sotto il controllo degli inglesi, a sfruttare ed a sottomettere i più deboli. Anche in Italia, ho ritrovato, anche se in maniera diversa, questa forma di sfruttamento. Ai politici e ai potenti è comodo, non far progredire i più deboli, perché così è più facile controllarli.
Parlaci delle difficoltà produttive e di come sei riuscito a mettere su questa compagnia teatrale.
Voglio fare una premessa, questa, più che una compagnia è una famiglia molto unita! Due, tre anni fa avevo già cercato di mettere su un gruppo per uno spettacolo, ma non avevo trovato persone veramente appassionate e disposte a sacrificarsi dopo il lavoro in nome del teatro. In questo gruppo invece, qualsiasi decisione si deve prendere, la prendiamo tutti insieme, non c’è nessuna gerarchia, ognuno può esprimere liberamente il proprio parere con libertà e creatività.
Cosa speri di suscitare nel pubblico con questa tua opera ?
Vedi, questa storia di dittatura militare che stiamo raccontando attraverso lo spettacolo, non riguarda strettamente soltanto la realtà culturale dello Sri Lanka, ma tocca problematiche umane comuni a tutte le culture. Bisogna sviluppare un senso critico, che vada oltre la superficie delle cose e soprattutto essere uniti ed aiutarsi a vicenda. Spero che la sofferenza dei più deboli, porti a degli spunti di riflessione che possano davvero cambiare la realtà. Attraverso la crisi, c’è sempre un’evoluzione.
Un tuo breve giudizio, per chiudere, sul problema dell’immigrazione.
E’ un problema molto grave e complesso. Io credo che i potenti permettano questa forma disumana d’immigrazione perché gli è comodo. Così come si permettono le guerre per favorire i loschi traffici dell’industria delle armi, ci vogliono delle azioni dirette, per risolvere il problema, non soltanto di facciata, ma concrete e democratiche.
Foto di Scena : Hasela THARANGA ( Lens of Hasela Creative )