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NOVANTA di Lorenzo Marone (Pironti): racconti ispirati alla Smorfia

Con Novanta, Lorenzo Marone propone istantanee di Napoli. I numeri della Smorfia re-interpretano la cronaca. Inquadrature ben piazzate si mescolano a luoghi comuni.

NovantaDerubato, un anziano se la ride: i rapinatori gli hanno preso la pensione, ma non il Gratta-e-vinci che gli riserva 200.000 euro a sorpresa. Una signorina di cinquantacinque anni la pensione la prende tutta: ma è quella di suo padre morto. Aneddoti di vita ordinaria. Napoletana. Sono raccontati in NOVANTA, il piccolo volume di Lorenzo Marone, edito da Tullio PirontiSolo i personaggi sono frutto della mia fantasia, le storie, al contrario, corrispondono a verità, a un fatto di cronaca, a un aneddoto raccontatomi da un amico, spiega l’autore, il cui primo libro, Daria, uscito per le edizioni La Gru è un romanzo di delicata ironia, sul rapporto tra un giovane papà e una bambina.

Aveva proprio ragione Eduardo, essere superstiziosi è da ignoranti, ma non esserlo porta male! esclama un tale, dopo avere accarezzato un pastore di terracotta gobbo, “scartellato”,
A numeri da repertorio come questo, in NOVANTA, se ne aggiungono altri, cui fa da sfondo la città contemporanea, nei suoi aspetti stridenti. Gli extracomunitari uccisi in un agguato. Un trafelato attraversamento della Domitiana che rivela l’esistenza di centinaia di schiave del mercato del sesso. La bellezza della città che si dischiude estatica a due giovani turisti. O il gruppo di madri che trascorre la domenica a pulire il parco, ingombro di rifiuti.

Parlare di Napoli per un Napoletano non è semplice. Per certi versi è un po’ come scrivere della propria madre, dichiara l’autore nella sua breve introduzione. Torto non ha. Di Napoli si è già detto tutto e il suo contrario. Ad aggiungersi al coro si rischia. La città è affetta dal morbo dell’autorappresentazione, che la soffoca nella formaldeide del già detto. A salvarla sono intervenuti, con sana crudeltà, l’iperrealismo aberrato di Montesano, l’epopea feroce della Ferrante e, infine, Saviano, che ha pescato a piene mani dalla cronaca criminale per mostrare ciò che si agita sotto il guizzo della violenza. Dopo la visione dei ragazzini che indossano i giubbotti antiproiettile per una iniziazione al fuoco, il racconto della camorra ha perso ogni patina romanzesca.

Ma Novanta non ha l’ambizione di strappare Napoli ai luoghi comuni. Piuttosto fornire inquadrature. Alcune funzionano senza bisogno di didascalie, altre mimano i pezzi di cronaca, con un commento a chiusura, didascalico. Altre, scritte in seconda persona, sono più indefinibili, ma hanno il pregio di rendere vicini i personaggi che osserviamo di sfuggita nel quotidiano.
In ogni caso, leggendo, ci accorgiamo di averne anche noi parecchie, di scene. Antipasti di storie. Fattarielli. Apologhi. Da contare. Da infilare insieme. Da associarsi a lettere, numeri, nomi di stelle. Come canzoni senza versi. Parte di un repertorio collettivo che contribuisce a disegnare quella fantasia che chiamiamo identità. Che forse nasce proprio dalla cronaca. E che a sua volta serve a ispirare altre canzoni.

Lorenzo Marone, Novanta, Napoli, Tullio Pironti Editore, 2013, 168 pp., € 10. 

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