Il libro di Armando Rotondi, Eduardo De Filippo tra adattamenti e traduzioni nel mondo anglofono, è uno dei testi più interessanti che mi è capitato di leggere negli ultimi tempi. Non lo dico perché il brillante autore è anche un mio amico, ma perché è uno scritto denso e appassionato sebbene si tratti di un saggio monografico, un tipo di testo solitamente più indirizzato all’approfondimento tecnico. Pubblicato da Edizioni Scientifiche Italiane nella collana di scrittura teatrale, il libro, che vede la prefazione di Joseph Farrell, è un lavoro articolato e originale che s’incentra sull’idea d’internazionalismo che accompagna il lavoro di Eduardo, qui a pieno titolo considerato uno dei fondamentali drammaturghi del Novecento.
Rotondi scompone il suo lavoro esaminando documenti di produzioni estere e relativi risultati stampa, ed eseguendo una dettagliata mappatura della presenza di Eduardo sulla scena internazionale e, in particolare, nei Paesi anglosassoni. Insomma, dalla Francia all’Oriente, ma soprattutto da Oxford a New York. Moltissimi registi inglesi e americani sono riusciti a guardare oltre eduardiane situazioni napoletane fino all’osso, capendo che, in realtà, i temi esplorati sono universali. L’elemento che ho trovato importante è lo smontaggio del luogo comune, in questo caso culturale, per dimostrare che uno dei simboli primari della napoletanità – Eduardo – sia, in realtà, adottabile come figura universale. Armando Rotondi approfondisce studi e pareri di Chaplin, Wilder, Harold Acton ed Eric Bentley, questi ultimi autori di preziosi contributi sull’argomento. Dualismi, utilizzo del dialetto come lingua, relazioni a contesti storico sociali nei quali sono inseriti i personaggi, analisi del riferimento alla pietas: ogni elemento contribuisce a spiegare l’universalità del personaggio Eduardo e della sua opera, come le sue intuizioni sulla tolleranza e sul perdono, per esempio.
L’autore ha seguito un percorso metodologico che va dalla ricerca filologica e dalla comparazione testuale fino alla traduttologia (dissertando su traduzioni letterali e “a senso”), lavorando dunque non solo sull’aspetto teatrale ma anche, soprattutto, su quello letterario e poetico, che poggia su una morfologia particolarmente intricata. Il rapporto più “indagato” è quello con William Shakespeare (Eduardo tradusse La Tempesta in lingua napoletana), mentre quello meno esplorato è forse quello con lo scrittore americano O. Henry (pseudonimo di William Sidney Porter) dal cui racconto The gift of the Magi Eduardo trasse la commedia Il dono di Natale, messa per la prima volta in scena al Sannazzaro di Napoli. Eduardo adatta spesso versi sontuosi e anglosassoni, inedite sonorità a circostanze, come quelle napoletane, che gli uomini di tutto il mondo possono trovarsi a vivere. Un lavoro di contaminazione tra parlato e “non detto”, tra miti e archetipi internazionali che gli consentono di prendere da un’altra realtà e, al tempo stesso, di farsi conoscere anche in quella cultura. Anche la fusione di registri e stili linguistici operata da Eduardo è molto interessante: la lingua colta convive efficacemente con espressioni popolari, così come le suggestioni e le manifestazioni d’autore riescono a convivere con le esternazioni colorate e talvolta bisbetiche del popolino. Certo, Amleto e Calibano che parlano in napoletano sono personaggi irresistibilmente complicati, ma Eduardo, come Carmelo bene, è attratto da figurazioni intricate da trasportare nel mondo reale. Dice Rotondi: “Ci sembra che, almeno nella lettura e nell’interpretazione del personaggio, Eduardo si ritrovi vicino alle posizioni di Carmelo Bene, con entrambi che vedono in primo luogo nell’Amleto una tragedia metateatrale, in cui, a dire il vero, più che il teatro nel teatro v’è una contrapposizione tra due mondi: da un lato quello reale rappresentato dal principe Amleto che deve sfuggire a costrizioni e vacuità; dall’altro quello fittizio della rappresentazione che, letteralmente, gli si svolge attorno. L’idea eduardiana della lingua che Amleto avrebbe dovuto parlare, un napoletano semplice e contemporaneo rispetto a un lessico più antiquato degli altri personaggi, ci appare come un altro punto focale dell’agognata rivisitazione della tragedia da parte di De Filippo. A nostro avviso l’uso di due tipi di linguaggi si sarebbe posto perfettamente in linea con il lavoro sulla lingua che Eduardo ha perpetuato nel corso della sua carriera, muovendosi sempre tra dialetto e italiano dialettizzato, come ben si evince dalle opere scritte dal drammaturgo sul finire degli anni ’20”.
Eduardo è stato recitato perfino da Laurence Olivier, sia a teatro, nei repertori, sia in televisione, e Franco Zeffirelli ne era profondamente innamorato. Sabato, domenica e lunedì fu adattato nell’inglese Saturday, Sunday, Monday da Keith Waterhouse e Willis Hall, con la regia di Zeffirelli e le interpretazioni di Frank Finlay, Joan Plowright e Laurence Olivier. Filumena Marturano poi è stata di sicuro la commedia più tradotta e rappresentata all’estero, anche se Il Sindaco del Rione Sanità, Le Voci di Dentro e Napoli Milionaria (portata a Londra nella primavera del 1972) sono tra quelle che hanno sempre raccolto più consensi sulle tavole dei palcoscenici stranieri. Eduardo si compiaceva di una cosa, quando guardava gli adattamenti dei suoi lavori all’estero: nella messa in scena dei suoi spettacoli quello che lo colpiva positivamente era il tentativo di riprodurre in qualche modo un colore locale napoletano o anche solo mediterraneo. Nessun altro autore italiano del secolo, forse nemmeno Pirandello, ha visto i suoi titoli tradotti e rappresentati in un così gran numero di lingue e di Paesi diversi. Addirittura durante il periodo della guerra fredda, mentre il mondo era diviso in blocchi contrapposti, le commedie di Eduardo costituivano uno dei pochi canali di comunicazione aperti fra due mondi ostili. Capacità, interpretazioni magistrali, grande verità umana: questo era e questo è ancora Eduardo de Filippo, uno dei più grandi analizzatori dell’animo umano di tutti i tempi.
Armando Rotondi
Eduardo De Filippo tra adattamenti e traduzioni nel mondo anglofono
Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2012, 316 pp, euro 31,00.