Quando leggi La città distratta di Claudio Calveri, sei immerso nei vicoli, negli odori, nella meraviglie e anche nella sporcizia della città di Napoli, come se l’autore ti prendesse per mano e ti accompagnasse “vico, vico” nelle quinte di una città fatta di tante storie e realtà che spesso passano inosservate.
Napoli è la città delle storie, dei racconti sussurrati nei vicoli, del frastuono delle strade più affollate e tutto questo Calveri ce lo dice raccontando la storia di una famiglia. Non una famiglia qualsiasi, ma una famiglia di giovani, un tempo sfortunati e che adesso vivono in un’associazione benefica dal nome Divina Lux, gestita da un prete omosessuale e un professore carismatico che gli insegnano a “campare”.
Un giorno, l’omicidio misterioso di un losco malvivente detto il “Rattuso” porta nella vita di questa strana famiglia un ispettore, Angelo De Marinis, emigrato per motivi di lavoro e ritornato poi nella città da cui tutti cercano di fuggire. Coinvolti in questa sorta di giallo ci sono anche una nave fantasma attraccata al porto cittadino da anni e i marinai russi che la abitano.
Come in tutte le storie non può mancare l’amore e qui di amore ce n’è tanto. C’è l’amore giovane, l’amore maturo, quello per le amicizie, quello per la città, ma soprattutto c’è l’amore per la famiglia. Questo è il principale oggetto di riflessione di La città distratta e quello che traspare dal racconto è un messaggio fondamentale. Quando c’è la famiglia, quando si è uniti nella famiglia, si può risolvere qualunque difficoltà.
Così vediamo l’ispettore De Marinis indagare su un giallo in cui ci è scappato il morto, in cui si penserebbe a un mistero da svelare, ma come dice uno dei personaggi: “Non c’è nessun mistero da svelare perché sono cose che sanno tutti“. Si, perché a Napoli, bene o male tutti sanno tutto di tutti, e quando credi che una città come questa ti ignori, non sai in realtà che proprio lei ti conosce meglio di chiunque.
La vicenda viene narrata proprio come si narra un “inciucio” di quartiere, si comincia dal presente e con un flashback si narra la storia come fosse una favola nostrana, un racconto per la notte. Pertanto, anche se il romanzo racconta di qualcosa che dovremmo conoscere tutti, l’autore lo rende interessante aggiungendo un pizzico di mistero alla vicenda e spingendoci ad andare oltre, cercando qualcosa che non sappiamo bene cos’è, fin quando, alla fine, non ci viene rivelato.
L’impressione è quella di essere cullati nel racconto, proprio come se fossimo intorno al fuoco, di sera a raccontarci leggende, e si riesce a sentire tutta la magia della città di Napoli. E allor stesso tempo ci si sente accanto all’Ispettore De Marinis e si indaga insieme a lui, ma non siamo solo accanto a lui, siamo anche dal lato della famiglia della Divina Lux, siamo vicini a tutti i personaggi.
L’arte di narrare sta anche nella capacità di fare entrare il lettore nella storia e saperlo coinvolgere fino alla fine, con gusto e ironia e con questo racconto Calveri riesce a non annoiarci.
Claudio Calveri, La città distratta, Ed. Homo Scrivens, Napoli, 2014, 176 pp., euro 14,00.