Ieri un convegno in due sessioni (mattutina e pomeridiana) svoltosi presso la sede dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici a Palazzo Serra di Cassano ha ricordato Sergio Piro (foto: L’Ora Vesuviana), spentosi giusto cinque anni fa. Ma chi era, qualora non l’aveste mai sentito nominare, Sergio Piro? E’ stato uno dei padri fondatori della moderna psichiatria, quella basagliana per intenderci, che ha sempre inteso porsi il problema della dignità del malato mentale e si è sempre schierata contro il manicomio come luogo di detenzione, di tortura e di reclusione sociale.
Piro nacque a Palma Campania nel 1927. Si laureò in medicina giovanissimo, a solo 24 anni e dopo due anni si specializzò a Cagliari con una tesi sul linguaggio schizofrenico, la lingua dei “pazzi”. Per far questo Piro, ancor giovane, accettò di dirigere un ospedale privato, quello di MaterDomini per compiere i suoi studi. Oggetto del suo primo libro pubblicato dall’editore Feltrinelli nel 1971, considerato dai più un’opera monumentale per gli studiosi di psichiatria. Si afferma, infatti, in questo volume che non bisogna dare per scontata mai la possibilità di interloquire con un malato mentale. Ma, piuttosto, bisogna vedere se l’interlocutore è in grado di saper sintonizzarsi sul canale della comunicazione con il sofferente psichico.
Fu libero professore universitario. Insegnò psichiatria e clinica delle malattie nervose e mentali presso l’Università di Napoli. Diresse l’Ospedale psichiatrico Materdomini di Nocera Superiore.
Negli anni Sessanta e Settanta si consuma lo scontro con i vertici dell’Università e gli viene revocata la possibilità di insegnare. Era la stagione in cui si combatteva la lotta per la chiusura dei manicomi. Pirro, dunque, come Basaglia cercò di gettare le basi per una psichiatria alternativa. Costruì, così come fece Basaglia a Gorizia, una “comunità terapeutica” a Napoli come aperta critica all’istituzione totale ed è configurabile come un’organizzazione la cui principale finalità è la modificazione del comportamento e il recupero di persone deviate dalla norma sociale. Liberando i folli dalla violenza delle camice di forza. Lavorò all’ospedale Bianchi, facendone un esperienza aperta e anticipò la riforma Basaglia.
Fontatore di Psichiatria Democratica, Piro è stata ricordato come una persona aperta e desiderosa di conoscere sempre il suo prossimo a prescindere che fosse un suo paziente (o sofferente, come soleva dire) o meno. E’ stato ricordato anche perché l’ estremo messaggio della vita e dell’agire di Sergio Piro è stato, sostanzialmente, questo: non c’è possibilità di cura e di cambiamento della società se non c’è parità dei diritti e rispetto per il proprio paziente e se non vi è profondo rispetto per la sua dignità.
Ebbe il coraggio di ammettere, con straordinaria onestà intellettuale, che la sofferenza era una malattia “oscura”. Che anche gli psichiatri non ne capivano, a dire la verità, nulla dei malattie mentali e che la sofferenza psichica non fosse solo di tipo psicologico ma anche di tipo psicologico e antropologico. E che la sofferenza si verificava nell’uomo anche a causa dell rapporto con l’altro. E che lo psicotico non ha bisogno solo di cure farmacologiche ma anche di persone che gli facciano trovare un senso nelle sue giornate.
Piro è stato un grande rivoluzionario. Ha capito meglio e prima di tutti che la psichiatria non poteva essere sempre e solo a servizio di quella che, un tempo (ahimè non più), veniva chiamata classe dominate.