C’è sempre un punto che l’artista insegue. Il più delle volte senza coscienza. Il contatto tra il suo pensiero – la sua opera – e quello dell’altro – il pubblico. C’è un momento in cui tutto questo si sublima nell’assenza di uno dei due, e l’artista rischia autistici narcisismi. Come in un gioco di coppia. In quel punto, in quel momento incontrerete l’opera di Ryan Gander e il suo pensiero sarà nella stessa stanza. Forse aleggeranno anche perplessità e indifferenza. O forse vi sentirete pervasi da uno spirito intimo di comunanza. Alcuni la chiamano arte.