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Roberto De Simone e Massimo Troisi: testimonianza di uno spettacolo che… non ci fu

Ricordiamo Roberto De Simone, scomparso lo scorso 7 aprile a 91 anni, con una sua testimonianza su un altro gigante della cultura napoletana: Massimo Troisi.

La comicità di Troisi talvolta risiedeva in questo suo volersi esprimere cercando tra ricordi e sensazioni passate della sua vita quotidiana, come se a lui mancasse una ‘propria’ lingua. Io sono convinto che se Troisi fosse vissuto, sarebbe diventato uno scrittore, un drammaturgo interessante, perché era alla ricerca di un linguaggio personale, così come lo era Pino Daniele e come lo sono stato io. Io non ho scritto tanto per il teatro perché scrivere, per esempio in dialetto (parola che io aborro), non è una cosa che amo. Non scriverei mai un’opera in dialetto.

Incontrai casualmente Massimo Troisi per la prima volta verso la metà degli anni ’80 in Puglia. Ci ritrovammo nello stesso posto, anche se ora non ricordo quale. Lui si avvicinò e si presentò cortesemente. Cominciammo a conversare e mi fu chiesto se mi stessi occupando anche di cultura antropolgica della zona. Risposi di sì e alla domanda su quale scoperta avessi fatto di recente in questo ambito, risposi parlandogli di una specie di mago guaritore, un santone che realizzava anche pastori, un personaggio tuttora vivente di nome Emanuele Esposito. Massimo mi chiese di farglielo incontrare. Allora io chiamai Esposito e gli dissi – con sua grande sorpresa – che sarebbe andato a trovarlo Massimo Troisi. E infatti fu a casa del santone-artigiano che ci rivedemmo. E qui parlammo della possibilità di fare uno spettacolo insieme. Gli parlai della mia idea di fargli impersonare Pulcinella facendogli recitare in apertura un testo di Cortázar. Non è stato casuale il mio riferimento al mondo sudamericano, in particolar modo a questo testo surreale, assolutamente nelle corde che io vedevo più vive nel personaggio di Massimo Troisi. Il brano in questione si chiama Istruzioni per salire una scala[1], e descrive in una maniera completamente scientifica come si sale una scala, elencando i movimenti che si devono fare, evidenziando la forza che di cui i muscoli necessitano e la tensione delle gambe che salgono i pioli. Lo spettacolo avrebbe dovuto avere luogo al Teatro Mercadante di Napoli, di cui quell’anno sarei stato direttore artistico, per inaugurare la stagione. Preparai il testo dopo averne parlato con Massimo. Ricordo le liriche surreali, comicissime, che io immaginavo uscire dalla bocca e dai gesti di un pulcinella bianco, perché dissi alla costumista di preparare per Massimo Troisi un costume di scena totalmente bianco, cioè anche con la maschera bianca, perché vedevo nella comicità di Troisi ciò che c’è dietro la maschera di Pulcinella, il mondo dell’incertezza, il mondo del pensare prima di essere nati, quasi come se si trattasse di un personaggio ancora nel ventre materno. Era tutto pronto, quando Massimo ebbe una ricaduta del suo malore. Ricordo sempre ciò che mi disse il santone pugliese su Massimo: «quel ragazzo ha un segno fatale nell’occhio sinistro», come a voler anticipare il presagio della breve vita che avrebbe avuto. Massimo ci tenne a farmi sapere che non rinunciava allo spettacolo per altri impegni sopraggiunti o perché aveva cambiato idea. Infatti quando chiamai una persona di riferimento3[2] che conosceva entrambi per avere notizie di Massimo, quest’ultimo mi disse «Massimo è in una camera buia perché non può nemmeno esporsi alla luce, però mi ha espresso il desiderio di parlare con lei», per cui me lo passò a telefono ed io sentii questa voce flebile: «Lei non immagina quanto io sia triste e dispiaciuto di questo mio malore, io spero un giorno di poter lavorare con lei, veramente lo spero con tutto me stesso». Io gli dissi di non preoccuparsi affatto, di pensare solo a ristabilirsi. Ma lo spettacolo dovette andare in scena con un altro attore. Fu un altro spettacolo, cambiato nella forma e nei contenuti. Molte battute erano state scritte per essere proferite da Massimo, tagliate su misura e centrate sul personaggio, per cui dovetti riscriverle da cima a fondo.

Un volta chiesi a Massimo se lui si sentiva un attore. Mi disse molto semplicemente che avrebbero dovuto dirlo gli altri, proprio per il discorso iniziale dell’eterna ricerca, alla quale aspirava, della scoperta di un nuovo linguaggio, delle idee che potevano riguardare un teatro del mutamento mentale.

ROBERTO DE SIMONE

Musicista, musicologo, drammaturgo e regista teatrale


Trascrizione parziale di un incontro tenutosi alle Fonderie Righetti di Villa Bruno a San Giorgio a Cremano (Na) mercoledi 8 luglio 2009, nell’ambito del Premio Troisi, ora in Salvatore Aulicino Mazzei – Salvatore Iorio (a cura di), Universo Troisi. Cinema, teatro, scrittura, La Valle del Tempo, Napoli, 2023.


[1] Da Julio Cortázar, Storie di Cronopios e Famas, Einaudi, Torino, 1971 (1997), pp. 18-19.

[2] Alfredo Cozzolino, ndr

Photo: web.

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