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La Biblioteca dei Girolamini: depredare Napoli e non dire nulla. – di Armando Rotondi

La vicenda della Biblioteca dei Girolamini campeggia sulle prime pagine di vari giornali. In edizioni locali è stata la notizia di apertura, per svariati giorni, de La Repubblica, Il Mattino e del Corriere del Mezzogiorno.

Almeno questo interesse, nel mare di lerciume che accompagna la vicenda, è una nota positiva, perché la faccenda non può e non deve essere taciuta, anche con il rischio molto serio di far fare a Napoli una figuraccia internazionale dal punto di vista accademico e della ricerca scientifica. La figura di una realtà che non si sa prendere cura dei propri gioielli e dei propri tesori, come, per l’appunto, la Biblioteca che fu cara a Vico. Ma siamo sicuri che la figuraccia sia “napoletana” o, come ritengo, sia italiana, di tutta l’Italia di cultura e in particolar modo delle istituzioni che devono amministrare la cultura?

Le prime pagine dei giornali sono benedette in questo senso, poiché da loro si alzano quelle domande e quell’indignazione che non abbiamo molto notato nel Ministero, nella Congregazione, nella Curia, e nelle amministrazioni locali napoletane, che, nonostante effettivamente non sia di loro competenza la nomina del direttore della Biblioteca o la vigilanza, neanche si può concedere loro il silenzio mentre si depreda la città.

Perché di questo si tratta. Senza entrare nel merito della faccenda, di cui si conoscono da tempo i minimi particolari, basti dire che quello che si è perpetrato ai danni della Biblioteca dei Girolamini e di Napoli è un furto enorme. La grande rapina alla cultura. Luci ed ombre ci sono sempre state sull’ex-direttore De Caro. Il suo nome girava nei “circoli” dei compratori di libri rari e di manoscritti. La sua laurea honoris causa in Argentina sembra sia stata dovuta alla donazione di un prezioso volume di Galileo. Come avviene purtroppo molte volte, tutti conoscono e tutti acconsentono. E così un uomo non qualificato, come ha giustamente notato il Prof. Montanari che con una sua lettera ha aperto il “vaso di Pandora” e dato il via alla petizione decisiva, diventa direttore di una grandiosa biblioteca, che finisce nello sfacelo.

Non c’è limite al peggio. E quello che poteva essere il furto di un singolo (l’ex-direttore!) sembra diventare, agli occhi degli investigatori, un’associazione esperta nel traffico internazionale di libri rari.

Due considerazioni finali. La prima è che da questa faccenda risulta chiaro che Tremonti ha sempre sbagliato: “la cultura fa economia”. Soprattutto se la vendi al mercato nero.

La seconda prende le mosse da una notizia che fu data tempo fa e di cui si è persa traccia. Tempo fa sembrava che fossero state ritrovate le ossa di Giambattista Vico. Una scoperta eccezionale, perché Napoli e i napoletani necessitavano di un pantheon reale per riscoprire la loro identità. E Vico ne è parte integrante, tra i più alti esempi di questa identità, insieme a Basile ed altri.

Amaro scherzo del destino che questo enorme scandalo culturale e civile sia capitato proprio nella storica Biblioteca che proprio Vico amava frequentare.

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