Eccoci di nuovo qui a riparlare di
Anapologismi e degli artisti che ne hanno fatto parte. In questa seconda intervista/profilo, abbiamo incontrato un personaggio davvero singolare: Yuri SILVESTRO. Poeta Slam, un genere di poesia che deriva dal rap afroamericano, scrittore, musicista, anche se Yuri preferisce precisare a riguardo: “Dedito al rumore musicale”, a quel genere di musica più “punk” e viscerale, dalla tecnica scarna ma dai messaggi incisivi. In effetti anche Yuri appare così, un tipo magro, piccolo di statura, tranquillo e rilassato, ma dal verbo carismatico. Di seguito è riportato il nostro “terzo grado”, svoltosi sui gradini di una scala, in strada, in compagnia di Giovanni Peroni. Buona lettura!
EFFETTONAPOLI (EN): Allora, come prima domanda vorrei che mi parlassi un po’ di te e di come la tua arte è entrata a far parte della tua vita.
YURI SILVESTRO (YS): La mia arte… Vorrei avere la sfacciataggine di dire: la mia arte! Sinceramente chiamare arte la mia scrittura è una sfacciataggine che ancora non mi sento di avere acquisito del tutto. Per me lo scrivere, lo scegliere le parole, rubarle , cercarle e non trovarle, è stata, ed è, una vera e propria vocazione. Vedi, ci sono scrittori che scrivono in maniera quasi terapeutica, scrivono e si sentono meglio, come se avessero dato, come se si fossero liberati di qualcosa, a me invece, quando scrivo mi sembra di “prendere”, più che di dare. Non è detto che mi trovi qualcosa poi…
EN: Quindi, non credi che questo assorbire dagli altri abbia anche per te una funzione terapeutica? Lo scrivere in effetti è fotografare sulla carta delle emozioni o delle riflessioni, a volte anche molto personali.
YS : No, anche se, cercare di prendere l’imprendibile, è una delle funzioni della scrittura, può anche essere terapeutico o addirittura psicoanalitico, ma viene da sé, spontaneamente, senza nessuna forzatura e senza pagare uno strizzacervelli, quello che cerco di fare è di rubare dagli altri, di raccontare storie apparentemente lontane da me, altre volte poi sposto l’ inquadratura e può capitare di vedermi, allora ne prendo atto e la ri-sposto , perché bisogna restare umili.
EN: Oltre l’umiltà, qual è un altro aspetto che trovi interessante nella scrittura sia di racconti che di poesie ?
YS: Ehmmm… L’esagerazione! (ride), l’esagerazione è non avere più la misura, di perderla, una caratteristica della scrittura trascendentale. Sei totalmente immerso nel surreale. Però in realtà molte delle mie storie appartengono a cose che conosco o che ho vissuto. Scrivere completamente dell’ignoto e un esperienza ambiguamente divina… ci vuole coraggio a riconoscerlo e saggezza per sentirsene parte.
EN: Il tuo modo di denunciare la realtà, soprattutto nelle tue poesie, come nasce e si sviluppa ?
YS: Il processo creativo è questo, a me capita quasi sempre tutto di getto, con la poesia, come l’ esigenza del toccare un pensiero. Anche la creazione metrica è improvvisata, ma la tecnica non va mai improvvisata da zero, bisogna studiarla e poi ci puoi giocare. Io ho un trascorso rap, è questo mi ha aiutato, tecnicamente. Scrivere invece un racconto è come camminare su un filo spinato, non sai mai quale spina ti pungerà e quindi bisogna fermarsi se è necessario e ripercorrere il filo. Io non denuncio niente, riporto fedelmente i fatti, la decodificazione della realtà può sembrare una forma di denuncia ma per quanto mi riguarda, è solo un caso.
EN: Cosa ne pensi della scena artistica napoletana?
YS: Napoli e un paradiso abitato da diavoli, disse Goethe, ho incontrato più artisti sotto le stazioni che negli ambiti ”artistici” ufficiali.
EN : Come hai vissuto la tua esperienza ad Anapologismi ?
YS: La mia timidezza non mi avrebbe portato a partecipare se non fosse stato per la stima che ho in voi. Io sono un lupo solitario, sono abbastanza sfuggente, al di fuori dell’organizzazione dell’evento, la cosa che mi ha colpito di più è stata l’atmosfera rilassata, amichevole, molto umana, lontana dai soliti ambienti “ artistici”. E poi mi piace il nome! (ride).
EN: Progetti futuri?
YS: A gennaio uscirà una mia raccolta di poesie e di racconti brevi, l’editore è ancora top secret (fa l’occhiolino). Per quanto riguarda la musica invece, sto realizzando un progetto con un caro amico, Carmine Caliendo, che si chiamerà Clochardz, un progetto che mettemmo da parte, in tempi difficili e che adesso vorremmo riprendere per tener fede a un vecchio brindisi.
[Photo: Andrea Borgia; cover: Michela Iaccarino]