di Bernardino Di Palo
Il 17 maggio ricorre la giornata internazionale contro l‘omofobia e la transfobia. Tale data è stata scelta poiché nel (non troppo) lontano 1990, l’O.M.S. cancellava l’omosessualità dalla lista delle malattie mentali.
Il Comune di Napoli ha celebrato tale manifestazione colorando di rosa il Maschio Angioino, con uno striscione fuori Palazzo San Giacomo con la scritta “Il Maschio è Rosa”, e con due appuntamenti culturali molto importanti.
Nel pomeriggio alla Sanità si è giocata la partita di calcio tra le squadre gay di Napoli e di Roma, mentre in serata, si è avuta la proiezione dell’ultimo lavoro del Maestro Gianni Amelio, Felice chi è diverso, nello storico Cinema Astra, nel cuore del centro storico ed universitario. Un lavoro – reso possibile utilizzando i preziosi materiali d’archivio dell’Istituto Luce – che ha segnato per il regista una svolta personale: in una recente intervista a Repubblica, preannunciando la presentazione a Berlino del documentario, infatti, Amelio ha fatto il proprio coming out, rivelando al mondo la sua omosessualità. Amelio presenta molti anziani e un diciottenne, ultimo nella narrazione e che simboleggia il passaggio di testimone tra le vecchie generazioni e le nuove, per un totale di 20 personalissime – e per questo uniche – esperienze di vita, positive o problematiche, concretamente vissute nel corso degli anni. Una coppia che convive ancora dopo decine di anni, un uomo che da ragazzo fu legato dal padre per due giorni e due notti ad un cavallo, il fascismo, la guerra, l’amore o la frivolezza, il mondo dello spettacolo e la dolce vita, le sperdute campagne calabresi. Poi ancora gli invertiti, i capovolti, i politici costretti a sposarsi etc….
In video appare un canuto Ninetto Davoli: una ricostruzione commovente la sua. Amelio ben sapeva che non avrebbe parlato direttamente del suo rapporto con Pasolini, e per questo parte da lontano: la primissima infanzia, il trasferimento a Roma, i grandi problemi economici, l’incontro casuale sul set con Pasolini grazie a suo fratello falegname. Non dirà mai nel filmato che sono stati insieme. Non serve a nessuno sentirlo dire. La cronaca dei giornali la ricordiamo o recuperiamo un po’ tutti. Ma sono gli occhi a parlare. E quella frase finale che rivela il Sentimento: “A me quell’uomo m’ha stravolto la vita”. Insomma una carrellata di umanità, la cui freschezza è un toccasana, che è al tempo stesso il simbolo di una sofferenza e deve essere lo slancio per il cambiamento.
In sala era presente Cecilia Pagliarani, montatrice del film, cui è stata posta una serie di domande nell’appassionato dibattito che si è sviluppato alla fine della proiezione. Una domanda era su come mai non vi fossero storie di donne, ma solo di uomini e di un trans (pentito dell’operazione fatta decina di anni fa a Londra). La risposta, a nome del regista, è limpida: a ciascuno il suo. Soltanto una donna può raccontare la sessualità delle donne, così come un uomo quella dell’uomo. Il dibattito cresce, e gli esponenti dell’associazionismo gay napoletano fanno sentire il loro disappunto. Non si sono sentiti adeguatamente rappresentati dalle storie raccontate, volendo quasi ricercare una rappresentazione esaustiva dell’essere omosessuale. Ed in questo cadono chiaramente in errore. Stiamo infatti parlando di un documentario d’Autore, non un documentario scientifico, dove il comportamento degli animali è sempre uguale e ripetibile, né della Bibbia. Amelio non doveva né poteva offrire la verità assoluta ed universale. Le esperienze raccontate nel film non hanno la pretesa di racchiudere tutta la Omosessualità. Ma si limitano a solo 20 storie, personalissime, vere, amare, dolci, che possono commuovere, o all’estremo, inorridire il pubblico. È la rappresentazione della peculiarità della diversità.
E come ha detto il sindaco De Magistris alla presentazione del film, “Napoli è una città diversa”. E la diversità è la forza che la contraddistingue e che la rende difficile da mettere in scena. Lo stesso Ciro Cascina, che racconta ad Amelio la propria esperienza napoletana, nel dibattito sostiene giustamente che già la parola “gay” può risultare sminuente (“come gettare cemento sopra” le diversità per omologarle) rispetto ad altri termini (femminella, ricchione etc.) che invece puntualizzavano le biodiversità. Anche l’assessore Daniele, presente sia alla proiezione che al dibattito, del quale ha raccolto i pensieri finali, non ha potuto che sottolineare la necessità di “ricostruire la società partendo dal dolore”, dalle esperienze negative che negli anni i diversi hanno subito, ricordando altresì che Napoli è sempre in prima fila per la lotta per i diritti civili, e che “l’orgoglio omosessuale è l’orgoglio di Napoli”.
Non c’è altro modo, per chiudere, che riprendere la frase da cui è tratto il titolo del film, e letta da Paolo Poli: “Felice chi è diverso essendo egli diverso. Ma guai a chi è diverso essendo egli comune” (Sandro Penna).