di Nicola Laudicino
« Restai colpito dallo spettacolo che si offriva ai miei occhi. […] In due larghe gallerie, alte una dozzina e lunghe un centinaio di metri, vi erano allineati migliaia e migliaia di crani e di ossa, illuminati da migliaia di candele. Le ossa sono tutte ben ordinate per tipo e ammassate in precise forme geometriche tranne alcuni crani che sono racchiusi in bacheche di legno o di marmo. »
(Roger Peyrefitte)
Napoli e le sue millenarie radici. Un corpo steso al sole che nasconde nelle viscere della terra la sua storia arcana, e l ‘ombra che nessuno avrebbe il coraggio di attribuirle, inondato dalla sua luce. Eppure il suo rapporto con il culto delle anime defunte si nutre della linfa delle sue origini pagane, della nascita in quella che sarà ricordata come Magna Grecia e successivamente inglobata nel vasto dominio del mondo romano.
I luoghi di queste antiche devozioni sono Il cimitero delle Fontanelle, antico ossario in cui sono raccolti resti di 40.000 persone decedute durante le epidemie di peste del ‘600 e della successiva epidemia di colera dell’800, o anche la Chiesa di Santa Maria delle Anime del Purgatorio ad Arco, in Via dei Tribunali.
Le ossa anonime, accatastate nelle caverne lontano dal suolo consacrato, sono diventate per la gente della città le anime abbandonate, le cosiddette anime pezzentelle, un ponte tra l’aldilà e la terra, un mezzo di comunicazione tra i mondi dei morti e i mondi dei vivi. Queste sono un segno di speranza nella possibilità di un aiuto reciproco tra poveri che scavalca la soglia della morte: poveri sono infatti i morti, per il semplice fatto di essere morti e dimenticati, e poveri i vivi che vanno a chieder loro soccorso e fortuna.
Le anime dei morti, infatti, nella concezione napoletana possono agire in modo determinante sull’esistenza dei vivi e vengono viste come entità spirituali benevole o, più raramente, malevole, da onorare e rispettare ed a cui rivolgersi, per ottenere vere e proprie grazie (guarigioni da malattie o incidenti, vincite al lotto ecc.).
Le ossa, ed il teschio in particolare, rappresentano appunto il tramite materiale per stabilire un contatto con queste entità ultraterrene, contatto che spesso si attua nel mondo onirico, nei sogni, in cui l’anima appare al devoto rivelando la sua identità e chiedendo ulteriori preghiere e suffragi.
L’ossario fu fatto chiudere nel 1969, per la preoccupazione della chiesa per il dilagare di quello strano culto delle “Anime pezzentelle” e dal fatto che il popolo preferisse esprimere la propria devozione verso questi miseri resti umani piuttosto che ricorrere ai santi.
Ad aggravare la situazione anche le svariate storie che circolavano in merito ad effettive grazie ricevute dalle persone che accudivano il “loro teschio” o che semplicemente pregavano per la salvezza di quelle anime dolenti.
« Questo guazzabuglio di fede e di errore, di misticismo e di sensualità, questo culto esterno così pagano, questa idolatria, vi spaventano?
Vi dolete di queste cose, degne dei selvaggi? E chi ha fatto nulla per la coscienza del popolo napoletano? Quali ammaestramenti, quali parole, quali esempi si è pensato di dare a questa gente così espansiva, così facile a conquidere, così naturalmente entusiasta? In verità, dalla miseria profonda della sua vita reale, essa non ha avuto altro conforto che nelle illusioni della propria fantasia: e altro rifugio che in Dio »
(Matilde Serao)
[Photo: www.comune.napoli.it]