Se vi dicessi che Bugo, Cristina Donà, Dente, Paolo Fresu, Brunori sas, Casinò Royale e tanti altri saranno in concerto al centro commerciale Campania, al pari delle varie Amoroso, Ferreri e quante altre stelle “mordi e fuggi” hanno sfornato i talent show, mi credereste?
Più che altro riuscite ad immaginare questa musica poco pop al centro commerciale sito in Marcianise?
Ebbene sì. Parte da febbraio la rassegna “Non luoghi musicali” una serie di concerti gratuiti organizzati da “campania collective”( www.campaniacollective.it ), di cui alcuni su prenotazione, al centro commerciale Campania.
Onestamente da artista non so proprio come pormi rispetto a questa notizia. Dato che ho il dono della schizofrenia proverò a mettermi nei panni di un fruitore medio di musica,forse meglio un fruitore medio-alto di musica visti i nomi poco famosi ai più.
Per i “più” intendo i frequentatori abitudinari del centro commerciale quelli “vetrine addicted”. Quelli che non spendendo soldi portano i loro figli, le loro compagne a sognare davanti alle vetrine. Allora analizziamo i vantaggi di questa rassegna. Il primo è sicuramente il fatto che siano gratuiti. Per me fruitore di musica poter ascoltare questi artisti gratis è un ottimo pro. Il secondo pro è che, è che, è….io il secondo pro non lo trovo. Non ci riesco. Chiudo gli occhi e immagino Cristina Donà tra i carrelli della spesa, i bambini urlanti, i vari odori provenienti dall’angolo ristoranti (che poi è quello dove svolgono generalmente gli spettacoli) tra un cetriolino di Mc Donald e una pizza di Spizzico. La immagino così com’è leggera, leggiadra, con la sua chitarra, con la sua eleganza venire interrotta da una signora che urla: «Scusa, ma quale edizione di Amici hai fatto?».
Ecco diciamocela tutta. Il problema sta proprio qui ,nella cultura musicale.
In un paese sempre più ricco d’artisti e sempre più povero di cultura portiamo l’arte delle arti al centro commerciale. Perché ,per venderla?Voi pensate davvero che la vecchia o la famiglia senza una lira dopo aver sentito mezz’ora di canzoni della Donà vada al negozio per comprare il suo CD?
Oppure che ne apprezzi il talento mentre divora un panino forse panino con carne forse carne, di Mc Donald?
Ho preso la Donà come esempio ma credo valga per il 99% degli artisti presenti nella rassegna musicale.
Davvero ho intenzione di andare a sentire Dente , così ironico e intelligente, in mezzo al caos di un centro commerciale? O la tromba di Fresu, la sottigliezza di Brunori SAS.
Diciamo che complessivamente sono scettica sulla riuscita di quest’inziativa ma come sempre mi aspetto ,anzi spero, di essere smentita.
La notizia ha causato non poche polemiche tra gli addetti ai lavori, per intendereci organizzatori di eventi, gestori di locali e direttori artistici.
Il motivo principale,pur non essendo un’addetta ai lavori, credo sia legato al loro “cachet”. Questi artisti “indipendenti”,diciamocela tutta, a volte hanno un costo tutt’altro che “indipendente”, in poche parole sono cari.
Non tutti i locali possono permettersi di “rischiare” investendo una grossa somma per averli in concerto e di sicuro nessuno può competere con le risorse economiche di un centro commerciale che in vece può tranquillamente permetterselo.
perché ho scritto “rischiare”?
Semplice.
Nonostante i loro successi, i cantautori indipendenti(al pari del musicista jazz) non avrebbero molta eco attirando solo i pochi “attenti” alla musica che suppongo però non possano permettersi sempre di pagare un ingresso con consumazione (alle volte anche con un costo aggiuntivo di tessera del locale).
Molte volte mi sono trovata a parlare di “soldi” con gli organizzatori delle serate. I rischi a Napoli e provincia sono alti se il nome dell’artista non è “altisonante” ci potrebbe essere il vuoto cosmico.
Napoli è una piazza difficile perfino per i “grandi” figuriamoci per i “piccolini”. Molte volte gli artisti annullano date per la vendita insufficiente dei biglietti, altre volte ,invece, si fanno più furbi e spostano il baricentro del concerto in qualche paese “strategico” che abbia un bacino d’utenza maggiore. Vero è anche che a Napoli non c’è,nel 2012, una struttura “degna” di un concerto.
Lo so che il quadro che ho fatto è color “pessimismo acceso” ma questa rassegna ha scatenato in me, oltre ad una grande ilarità, una serie di domande.
La prima è come mai questi artisti intellettualoidi si “abbassano” al centro commerciale?
La seconda è se proprio gli organizzatori volevano fare “cultura” e non nuovi adepti alla “lobotomia da vetrina” perché non hanno trovato uno spazio più consono comparendo magari solo come sponsor?
E ancora, perché di domenica?
Come si fa a fare della musica che ha bisogno di attenzione per essere apprezzata proprio nel giorno in cui è più difficile prestare attenzione?
La musica è di tutti, ma gratis non vuol dire che è meglio. Per esperienza personale mi sono trovata a regalare la mia musica e dopo anni posso dire che se certa gente le cose non le paga non le capisce, non le apprezza. In questo mondo al contrario regalare cultura può significare sminuire l’arte, il lavoro che c’è dietro e la persona, comunemente chiamata “artista”, che suda sangue e bile.
Micaela Tempesta
Nata a Napoli nel ’76 e vive con la musica da quando ne ha memoria. Scrive per mestiere e per passione e quello che scrive solitamente lo si può ascoltare più che leggere: è il suo modo per scaricare ansie, frustrazioni, tachicardie e mal d’amore vari. Ho collaborato con uno studio di produzione di musica dance durante la sua prima adolescenza poi per fortuna è rinsavita (o forse si è rincoglionita del tutto) e vive la sua seconda adolescenza facendo la cantautrice
Tutti gli articoli dell'autore