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Cinema, Cultura, Spettacolo

“Le vie di Troisi sono infinite” (San Giorgio a Cremano, 19 febbraio 2012)

È il titolo di un bella giornata di ricordi e di studi dedicata a Massimo Troisi dalla sua città natale, San Giorgio a Cremano (presso le Fonderie Righetti di Villa Bruno) in quello che sarebbe stato il giorno del suo 59esimo compleanno (se la morte prematura non lo avesse colto a soli 41 anni, nel 1994), organizzata dal Comune, dall’Università di Napoli “Federico II” e dalla Istituzione Premio Troisi. Aperta dalla deposizione di un omaggio floreale sul monumento funebre dedicato all’indimenticato comico, la giornata si è articolata in due sessioni di interventi, una mattutina e una pomeridiana, prima di concludersi, in serata, con lo spettacolo “Buon Compleanno Massimo”, coordinato dall’attore Enzo Calabrese. La sessione mattutina, “Dopo Troisi con Troisi”, coordinata da Pasquale Sabbatino, ha visto la partecipazione di Enzo Decaro, storico sodale (con Lello Arena, qui assente per impegni teatrali) di Troisi nel trio “La Smorfia” e di Renato Scarpa, attore milanese che con Troisi lavorò nel primo e nell’ultimo film da regista, “Ricomincio da tre” e “Il Postino”; dopo gli interessanti interventi del coordinatore, il quale ha enucleato una serie di “ritratti” illustri del comico, usciti dalla penna di Erri De Luca, Dario Fo (che rileggeva in chiave di “vite parallele” il suo “Mistero Buffo” e la “Natività” messa in scena da Arena-Decaro-Troisi), Mario Martone (che considera Troisi il “capofila del Nuovo Cinema Napoletano”), Diego De Silva, di Giuseppina Scognamiglio, docente di letteratura teatrale alla Federico II, la quale si è soffermata sul sistema simbolico degli “sketch” e dei mini atti unici della “Smorfia” (“una scrittura insieme realistica, mimetica, parodica, satirica, grottesca, in cui il dialetto partenopeo diventa esigenza naturale di espressione; dei “divertissements” in cui è fondamentale l’interrelazione con il pubblico”) e del critico cinematografico del “Mattino” Valerio Caprara, il quale ha ripercorso la carriera cinematografica del nostro, difendendo con coraggio anche i giudizi non sempre positivi sulle regie di Troisi dati all’epoca, ma ricordandone l’assoluta novità di rappresentazione di Napoli e del “napoletano”, Enzo Decaro si è chiesto con grande senso dell’ironia (e suscitando l’ilarità del pubblico) “quale sarebbe stata la faccia di Massimo dopo tanta altezza interpretativa”, riandando con la memoria alla storia della “Smorfia” che, se non ha avuto tutte le consapevolezze artistiche che le si attribuiscono, può vantarne almeno una, cioè quella di aver provato linguaggi nuovi che rileggessero criticamente sia la fortunata nozione di cabaret della fine degli anni ’70 che la tradizione teatrale partenopea; Renato Scarpa, nel suo commosso intervento, ha ricordato come grazie al successo di “Ricomincio da tre” e del suo personaggio (lo stagionato e complessato “Robertino”) la gente abbia cominciato a riconoscerlo per strada ed egli sia diventato “non deficiente ma celebre”, sottolineando, in relazione alla prematura scomparsa di Troisi, che deve essere vero il motto degli antichi: “muore giovane chi è caro agli dèi”.

Nel pomeriggio, dopo l’intervento di Anna Pavignano, storica compagna di lavoro (e anche di vita, per un periodo) di Troisi, sceneggiatrice di tutti i suoi film, cui è spettato il compito di far entrare il pubblico nel “laboratorio di scrittura” del cinema di Troisi, specie del film d’esordio, ricordando come in esso sia confluita parte delle loro esperienze di vita e dei problemi della vita sociale italiana (e meridionale) della fine degli anni ’70, la sessione “Lingua, fisiognomica, gestualità e paesaggio”, cuore del discorso critico intorno all’arte dell’attore sangiorgese, ha visto la partecipazione degli esimi linguisti Nicola De Blasi e Patricia Bianchi, i quali hanno messo in evidenza la novità e il coraggio della proposta linguistica di Troisi, un dialetto napoletano che, nonostante facesse pochi sconti alla lingua nazionale, risulta di grande efficacia comunicativa (“Ricomincio da tre” fece registrare incassi miliardari, risultando comprensibile da Bolzano a Siracusa), grazie all’intelligente uso troisiano di quello che i linguisti chiamano “pragmatica” e della “prossemica” (l’accompagnare la parola con gesti atti a far arrivare il messaggio linguistico), oltre che alla fedele e studiata riproduzione (che sfata il “mito” improvvisativo di Troisi) dei modi e delle forme del “parlato” quotidiano, con tutti i suoi silenzi, le pause, le ripetizioni, le incertezze (l’afasia e il farfuglio troisiani); a chiudere i lavori, altri due interessanti interventi, quelli di Giuseppe Borrone e di Claudia Verardi, il primo sul paesaggio nel cinema di Troisi (dove pure e soprattutto compaiono novità rappresentative notevoli: si pensi agli scorci provinciali post-sisma 1980 del primo film, alla Napoli plumbea e piovosa, antistereotipa, di “Scusate il Ritardo”, ma anche al borgo meridionale anni ’20 di “Le vie del signore sono finite”, o alla Napoli prebassoliniana, nevrotica e sfuggente, di “Pensavo fosse amore…”), il secondo sulla ricezione di Troisi all’estero, partendo dal successo internazionale de “Il Postino” di Radford/Troisi (ricordiamolo, Oscar™ 1996 alla miglior colonna sonora di Luis Bacalov) che negli ultimi anni ha visto il fiorire di studi stranieri intorno alla figura dell’attore. Tutto questo per sottolineare che, nella percezione di chi lo ha amato e lo ama, è come se Massimo Troisi non fosse mai scomparso, ma fosse sempre vivo e presente, come ebbe a dire uno dei suoi mentori, Renato Barbieri, recentemente scomparso (ricordato da Enzo Decaro), storico fondatore (e strenuo custode) del Centro Teatro Spazio di San Giorgio a Cremano, dove Troisi mosse i primi passi all’inizio degli anni ’70.

(Photo©MichelaIaccarino: in senso orario Enzo Decaro, Renato Scarpa, Anna Pavignano, Valerio Caprara)

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