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Cinema

Il «Pasolini» mancato di Abel Ferrara

di Antonio Farese*

[antonio.farese@libero.it]

PasoliniSe il cinema di Abel Ferrara incontra una personalità complessa e con infinite sfaccettature quale è indiscutibilmente Pier Paolo Pasolini, l’attesa è alta.

Il tentativo di mostrare un Pasolini dello scandalo intrecciato al Pasolini creativo è scarsamente riuscito. Non è esibire un rapporto orale negli ambienti della prostituzione omosessuale che può destare scandalo; la scena è la rivisitazione filmica, abbastanza fedele, di una parte di Petrolio, in cui il protagonista fa una sorta di esperienza iniziatica spinto da una metamorfosi kafkiana, facendo sesso orale con nove ragazzi, a turno (Appunto 55 – Il Pratone della Casilina; il gruppetto è composto da venti ragazzi). La pornografia è scandalosa soltanto per gli sprovveduti spaventati dalla vita e per gli apparati repressivi del potere. Resta una scelta abbastanza povera, rispetto alla complessità di contenuti e personaggi, ridurre Petrolio al sesso orale omosessuale.

Colpisce la maschera di Willem Defoe, ben calato nel personaggio, ma la voce scelta per il doppiaggio è inappropriata. Pasolini aveva una voce sottile, pacata e cadenzata, al contempo piena di calore. Soprattutto, è troppo nota e ascoltata; scegliere una voce così spessa e profonda per doppiare Defoe è una leggerezza che potrebbe commettere un dilettante dei mass-media.

Di Pasolini, resta solo la caratterizzazione suggestiva di Defoe. Le parti migliori del film, le più evocative per forma e contenuti, riguardano il progetto irrealizzato di un film porno-filosofico, che avrebbe visto Eduardo De Filippo nel personaggio di Epifanio. È il sogno di Ferrara rispetto a cosa sarebbe potuto diventare lo sviluppo di quel soggetto e sono le uniche parti del film da salvare.

Manca l’approccio formale tipico del regista, che sembra perdersi in un tumulto caotico di immagini poco comunicative. Il montaggio, che alterna i sogni creativi di Pasolini agli accadimenti dell’ultimo giorno di vita, ottiene il risultato di lasciare l’essenza del poeta sullo sfondo. Gli altri personaggi, importanti e insostituibili, come sua madre e Laura Betti, restano fantasmi anonimi, comparse occasionali. Nel finale, molto atteso dal pubblico, un’attesa ignorata dallo sceneggiatore Maurizio Braucci, la morte di Pasolini coincide con la morte del film. Nonostante le sentenze di assoluzione, rispetto alla presunta pedofilia di Pasolini; nonostante sia ipotizzabile che molte denunce per molestie siano frutto di trappole, della persecuzione che il potere (politico, massmediatico, religioso, mafioso) ha perpetrato nei suoi confronti, l’intero film mostra più l’adescatore di minorenni che l’artista.

Occorre interrogarsi sul perché […] [continua a leggere sul blog dell’autore, clicca qui]

* Classe 1974, laureato in Filosofia, professione: fotografo, Antonio Farese è anche critico cinematografico e storico della tecnica cinematografica. Suoi contributi in materia sono apparsi su Cinemasessanta e Quaderni di Cinemasud e nei volumi L’alba del cinema in Campania e Napoli d’altri tempi (Liguori).

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