Da qualche tempo tengo d’occhio un artista che considero fra i più interessanti del panorama comico/brillante napoletano attuale, e che m’incuriosisce molto: Francesco Albanese. Attore, regista, comico e sceneggiatore, Albanese è un autore giovane e vivace, una piacevole pennellata nello scenario campano corrente. In realtà, poi, altro che “giovane”: ha infatti già un discreto curriculum, tra la scrittura con Alessandro Siani, le frequentazioni a Telegaribaldi, e il lavoro di sceneggiatore e attore in diversi film. E, ancora, la Tv (Made in Sud su tutto), il cabaret, il teatro.
Lo incontro, con molto piacere, al telefono.
Francesco, partiamo subito con una curiosità: ho sentito in un’intervista che ti sei avvicinato al cinema dopo aver visto Quattro Matrimoni e un funerale di Mike Newell, con l’attore inglese Hugh Grant. Avrei giurato che galeotto fosse stato un film di Totò o di Massimo Troisi.
Sì, è vero. In effetti, ero un ragazzino, avevo appena diciassette anni, quando mio fratello mi portò al cinema a vedere questo film. Sono sincero, ne rimasi letteralmente folgorato. All’epoca non c’erano tutti i mezzi e i media di oggi, non c’era l’uso massiccio di Internet, i trailer si chiamavano “Prossimamente” e ti facevi un’idea di quello che di nuovo sarebbe uscito in questo modo. Non sapevo ancora nulla di recitazione, regia e sceneggiatura ma capii subito che quella del cinema era una strada che in qualunque modo dovevo assolutamente intraprendere.
E quindi cosa hai fatto per arrivare a concretizzare questa folgorazione? Che formazione hai?
Mah, io nasco come autodidatta. Non ho fatto dei corsi specifici, ma ho cominciato guardando un’infinità di film, analizzandoli, scomponendoli e cominciando a scrivere per il teatro, soprattutto per il cabaret. Ho successivamente trovato persone che mi hanno seguito e che hanno creduto in me. Poi penso che sai che ho collaborato con Siani per moltissimo tempo.
Certo che lo so. È una collaborazione che sta continuando?
Adesso abbiamo preso strade diverse, ma siamo sempre in ottimi rapporti e ci sentiamo spesso, se serve, per lavoro o per altro.
Che cosa è cambiato nella Napoli artistica e culturale di oggi? Il teatro, il cinema e la Tv che cosa propongono? Penso al napoletano che ha raccontato Massimo Troisi attraverso la figura di “antieroe”, di “antiemigrante”, e vedo qualcosa di un po’ diverso.
Be’, in effetti, oggi c’è altro in giro. Ci sono parecchi colleghi bravi, che stimo molto, ma non c’è nessuno che si possa anche solo avvicinare a Massimo. Lui è inarrivabile, come Totò. Non c’è stato, e credo non ci sarà mai, nessun passaggio di testimone. Diciamo che oggi si guarda altrove, di certo con risultati meno profondi, meno importanti, più leggeri. Forse è il momento storico che vuole questo cambiamento di rotta. Ci sono scelte più felici e altre meno, ma l’importante è fare questo mestiere con coscienza, senza tradire mai il prezioso bagaglio culturale della nostra città.
Hai al tuo attivo una bella galleria di personaggi, dal famoso Checco Lecco alla rivisitazione comica di Christian Grey che a Made in Sud riporta le Cinquanta sfumature di grigio. Come prepari un personaggio?
I miei personaggi nascono dall’interno, li cerco proprio dentro di me. Mi guardo dentro, mi scavo. Poi provo di continuo, aggiungo, tolgo, limo, metto, tolgo, rimetto, ritolgo. Capisco molto anche dal contatto col pubblico: spesso in scena mi accorgo di cosa può piacere di più o cosa di meno, e quello contribuisce moltissimo al tratteggio finale del personaggio, che cerco comunque di mantenere il più naturale e spontaneo possibile.
Ecco, il pubblico. Che rapporto hai con il tuo pubblico?
Il mio pubblico è giovane, estroverso, caloroso. Mi piace moltissimo, senza di loro io non ci sarei. Se proprio devo dire quello che non mi piace, mi infastidisce l’invadenza. Ti racconto un aneddoto: una volta mi sono trovato (insieme a molta altra gente) in presenza di Maradona. Naturalmente lo salutai con grande fervore, ma cercai di non infastidirlo. Mi sentivo piccolissimo davanti a lui. Sai come finì? Fu lui che, con mio grandissimo stupore, si venne a sedere vicino a me.
Qual è la sfida più grande per un giovane artista – e autore – napoletano oggi?
Credo che sia trovare i mezzi per portare avanti il tuo lavoro e le tue idee. Senza mezzi si va poco lontano. Io ho avuto la fortuna di aver trovato qualcuno che ha creduto in me, ma è difficile portare avanti un discorso senza i mezzi giusti, soprattutto al sud.
Abbiamo parlato diverse volte, e spesso hai accennato a Michael Jackson. Ti faccio una domanda off topic: come mai ti piace così tanto?
Intanto mi piace da morire la sua musica, da sempre. E poi lo vedo un personaggio gentile, uno che ha dato agli altri. Una vera rockstar, inimitabile, inarrivabile, in tutti i sensi Un genio. Io lo vedo così.
Torniamo a noi. Io credo che tu abbia una vena spiritosa ed efficace, divertente e fresca, anche se magari meno “spiattellata “ ed evidente di quella di altri tuoi colleghi. Ti vedo più riservato, più garbato a volte, se mi passi il termine. Mi sbaglio?
Se mi vedi così, non ti sbagli. Io sono proprio come appaio.
Ieri un’amica settentrionale mi chiedeva lumi sul concetto di “cazzimma”. Da quando il napoletano è diventato una lingua (anche se ufficiosamente lo è sempre stato anche prima della proclamazione ufficiale dell’UNESCO) dobbiamo dare una risposta appropriata. Tu come lo definiresti?
Guarda, è un concetto veramente difficile da spiegare, direi quasi indefinibile. Diciamo che quello che all’epoca scrivemmo con Alessandro spiega piuttosto bene il pensiero: “Come potrà mai un milanese capire ‘na parola comme ‘a cazzimma? Dice, milanè, tien ‘a cazzimma. Ma che cos’è la cazzimma? Nun t’o vogli ricere, chest è à cazzimma!”
Che cosa stai facendo adesso?
Ci sono parecchi progetti che bollono in pentola per quanto riguarda cinema, televisione e teatro. In questo momento sono impegnato a Napoli, con le prove al TAM e sarò presto di nuovo in scena.
Grazie, Francesco Albanese
Grazie a te e a tutti voi di Effetto Napoli.
[Photo: youtube.com]