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Cinema, Consigliati

Allo Spazio Nea “L’etica dell’incompiutezza” ovvero Mario Franco, filmaker

L’etica dell’incompiutezzaDal 6 al 26 settembre 2013 allo Spazio Nea di piazza Bellini a Napoli, si inaugura “L’etica dell’incompiutezza”, allestimento dedicato a Mario Franco in versione filmaker. Fondatore – sul finire degli anni ’60 – degli storici cineclub cittadini, “L’altro” e “No”, critico d’arte e cinematografico, cineasta, docente di Mass Media all’Accademia di Belle Arti di Napoli, giornalista e infaticabile organizzatore culturale, Mario Franco è uno dei più poliedrici artisti che Napoli abbia prodotto nell’ultimo mezzo secolo. Il percorso curato da Pasquale Lettieri e allestito da Tonino Di Ronza rende giustizia alla videografia sperimentale di Mario Franco: sarà l’occasione per vedere il nuovo video dell’artista, Non luogo Cina (2013), basato sul suo recente viaggio nel grande “continente” cinese, dove il riferimento è al titolo dell’opera dell’antropologo francese Marc Augé, Non luoghi – Introduzione a un’antropologia della surmodernità, radiografia sperimentale della vita in una delle ultime roccaforti del comunismo (ir)reale, sempre più votata – anch’essa – alle spersonalizzanti dinamiche dell’Occidente globalizzato e iperconsumista… Spazio anche per i lavori dedicati dal cineasta alla figura e all’opera di Lucio Amelio (1931-1994), leggendario gallerista napoletano che portò all’ombra del Vesuvio Andy Warhol e Joseph Beuys prima per “Beuys by Warhol” (1980) e poi per la Mostra “Terrae Motus” (1984): il suo Ma l’amore no (2004) è un’antologia dei filmati sul gallerista che – nelle parole dello stesso Franco – «univa Richter e Rauschenberg vivendo tra Napoli e gli aerei: correva per il mondo da un museo a una mostra, incontenibile. Solo così poté nascere l’incontro Warhol-Beuys, un impensabile dialogo tra due artisti antitetici, entrambi interpreti delle inquietudini del Novecento nell’approssimarsi della sua fine».

Profondo conoscitore dell’arte contemporanea, collaboratore del Museo Madre di Napoli, specialista appassionato dell’arte e del cinema delle Avanguardie storiche, di esse egli pensa che «con le loro opere “aperte”, con il rifiuto dell’opera finita e perfetta, avevano capito da tempo l’incombente precarietà della nostra epoca e la perdita di fiducia nelle “magnifiche sorti e progressive” della nostra storia e della nostra civiltà»: è a questo che fa riferimento il titolo della Mostra, ma anche al lusso di chi – citiamo ancora Franco – «esibisce il suo isolamento e fa della sua vita un inutile dispendio: un insulto silenzioso alla laboriosa menzogna della società e del mercato», non preoccupandosi di portare «a termine nulla (progetti o professioni,  divertendomi a giocare con le varie forme del cinema e dell’arte)».

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