Forse sono io che non sono riuscito a entrare in sintonia con Cassandra – Festa di nozze, la drammaturgia scritta e diretta da Laura Angiulli, con contributi di Enzo Moscato, e presentata al Napoli Teatro Festival presso la Galleria Toledo, ma lo spettacolo non è riuscito ad avvincermi, a coinvolgermi e soprattutto a restituire quello che, a mio avviso, è Cassandra.
Molti hanno scritto di Cassandra, l’hanno drammatizzata, Eschilo, Euripide, Licofrone fino a Christa Wolf, e da questi Angiulli parte per costruire la sua. Non è molto chiaro perché Cassandra sia (forse) scissa in due attrici, Alessandra D’Elia e Caterina Spadaro, una nettamente più presente dell’altra per numero di battute. Forse una era un alter-ego, un’eco della prima?
Ma il problema non è solo questo. È nella visione di Cassandra. L’immagine che se ne dà o che comunque scaturisce è quella di una donna invasata, che sembra pazza (forse rabbiosa), ma questa sua nota-chiave è monotona. Eccessivamente. Senza variazione.
Molte volte, e molti autori, hanno dato questa lettura del personaggio, ma credo che il modo più appropriato, ed efficace, fosse nel suo riserbo, nella consapevolezza di un dono-maledizione e di una rassegnazione. Invece la Cassandra dell’Angiulli è solo esplosione senza una calma vera (neanche nella scissione del personaggio) che faccia da contraltare.
Due punti a favore tuttavia. La bella voce di Maria Pia De Vito, che canta su musiche scritte da Enrico Cocco, e la scenografia scarna con tre pietre-rovine greche e soprattutto la Galleria Toledo che abbandona il nero e i cui fondali si fanno di un bianco funereo. E questo fa davvero un’impressione forte allo spettatore.
[Photo: http://www.napoliteatrofestival.it/edizione-2015/cassandra-festa-di-nozze/]