Anche nelle sale napoletane spopola la commedia brillante diretta dal giovane Sidney Sibilia.
Smetto quando voglio, una frase fatta, molto comune per un film “fuori dal comune” che ci ricorda quanto è bello andare al cinema. Soprattutto perché la pellicola ha in sé echi del glorioso cinema italiano anni Sessanta fatto di quella commedia aderente alla realtà per cui la risata è sempre legata a eventi che potrebbero essere trattati anche in chiave seria.
Il film racconta di un ricercatore universitario specializzato in chimica (Edoardo Leo) che sintetizza una nuova sostanza stupefacente, legale perché non presente nell’elenco del Ministero della Salute. La vendita di questo prodotto comporterà a lui e ai suoi compagni, anch’essi ricercatori squattrinati, l’inizio di una vita fatta di denaro facile e belle donne. Ma i problemi saranno ad aspettarli dietro l’angolo.
Smetto quando voglio ha per questo le sue radici in I soliti ignoti di Monicelli, La banda degli onesti di Matrocinque, ma soprattutto strizza l’occhio ad una certa commedia americana e in particolare alle serie Tv americane, prima fra tutte Breaking Bad, che recentemente ha avuto un forte successo.
Anche nel modo di raccontare la storia di Pietro, il regista Sidney Sibilia non è stato banale ed ha attinto proprio ad una certa commedia americana come Hangover per esempio, in cui il montaggio delle sequenze è funzionale a mantenere alta l’attenzione dello spettatore. Come nei migliori racconti si comincia dalla fine: un primo piano di Pietro con in testa un passamontagna e una pistola in mano ci mostra il protagonista nelle vesti di un criminale che sta per rapinare una farmacia. Un flashback ci conduce a quattro mesi prima in un’angusta aula universitaria in cui lo stesso ragazzo di prima si affanna a presentare al meglio la propria ricerca alla commissione, sperando di essere finanziato. Da questo momento in poi vediamo il declino del giovane e la presa di coscienza che solo attraverso un’azione ai limiti della legalità è possibile ottenere ciò che gli spetta di diritto.
Sempre a proposito dell’incipit del film, che cattura subito l’attenzione, la sequenza iniziale che vede una panoramica di Roma dall’alto è degna di molti film americani, tanto che la città non sembra essere neppure la Roma che conosciamo. La dimensione da thriller americano è data, infatti, anche dalla fotografia acida e satura, una color correction che storpia l’immagine e la rende più “sporca”.
La vicenda potrebbe essere ambientata in qualsiasi città o paese che subisce la crisi contemporanea e infatti Roma è anonima, ovvero non notiamo la sua presenza se non per qualche rifermento dovuto al dialetto dei protagonisti e ai cenni storici di Arturo (un grande Paolo Calabresi) che fa l’archeologo.
La commedia, per quanto aderente alla contemporaneità, assume anche tratti grotteschi e surreali, ma senza mai scadere nel volgare e nella risata gratuita.
Buona parte del cast viene dalla fortunata serie televisiva Boris di Luca Manzi e, infatti, si vede come gli attori siano in sintonia fra loro e tutto scorre fluido fino alla fine.
L’interpretazione da non considerare perché scialba e spesso scorretta e poco espressiva è quella di Valeria Solarino, che interpreta un ruolo assai poco significativo come fidanzata di Pietro. Ben calibrata e macchiettistica quanto basta è invece l’interpretazione di tutti gli altri, da Calabresi a De Rienzo per arrivare allo stesso Sergio Solli che interpreta il docente universitario egoista e superficiale che intende solo sfruttare il povero Pietro.
Smetto quando voglio è un esempio positivo di cinema italiano che si spera faccia da apripista, insieme alle ottime commedie che abbiamo visto negli ultimi mesi, come per esempio La mafia uccide solo d’estate, a un cinema italiano utile e divertente capace ancora di insegnare e raccontare storie.
Smetto quando voglio (Italia 2014, 100′)
di Sidney Sibilia
A Napoli in programmazione a:
– Cinema Martos Metropolitan