Carlo Lizzani , famoso regista, sceneggiatore e produttore, molto noto in Italia per il suo lavoro al servizio del cinema, ci introduce alla lettura di un saggio dal titolo affascinante: The end – La solitudine dello spettatore. L’autrice Martina Bonichi è un critico cinematografico che si è cimentata anche nella realizzazione di alcuni cortometraggi sperimentali.
Il testo, pubblicato da Cinemasud (80 pp., 12 euro), esprime la curiosità da parte dell’autrice, di capire cosa si nasconde nel rapporto tra film e spettatore e soprattutto cosa accade quando un film arriva alla sua conclusione, quando la storia è finita e le luci in sala si riaccendono mentre i titoli di coda scorrono inesorabili.
La riflessione della scrittrice abbraccia non solo tematiche di cinema ma anche filosofia, storia, psicologia e arriva a considerare il processo di immedesimazione dello spettatore nella storia, l’accettazione del patto di illusione stabilito col film e infine un tentativo di razionalizzare la propria vita dandogli una misura attraverso un inizio, un mezzo e una fine. Tutto questo secondo l’autrice, è dovuto forse ad un tentativo da parte dello spettatore di vincere la morte, di razionalizzarla e in un certo senso di vedersi e sentirsi immortale. Dove immortale vuol dire oltre la morte, una visione della morte come qualcosa di dimenticato, che non può vincere una pellicola cinematografica, che può rendere eterno ciò che racconta. Eterno e riproducibile all’infinito.
Un film per questo è un elemento ordinato nel caos della vita: avendo esso un ordine ci può aiutare a riflettere su noi stessi e dare un senso a ciò che ci circonda.
Con il suo testo la Bonichi esprime un concetto che già Aristotele aveva raccontato nella Poetica a proposito del dramma; come pure il discorso sul tempo di Agostino nelle Confessioni, qualcosa che non si può afferrare, ma che possiamo afferrare solo attraverso una storia e appunto, nel caso del cinema, nel buio di una sala con un film.
Per le tematiche affrontate si tratta di un testo piuttosto complesso fruibile da un pubblico che abbia una buona conoscenza di Cinema, Filosofia, Storia e anche qualche nozione di Semiotica e Psicologia. È un testo molto accademico, ma non per questo complesso nella scrittura che, invece, è scorrevole e si lascia seguire. Molti sono i riferimenti cinematografici ed è inoltre presente un inserto con le sequenze dei finali più famosi al cinema.
Un testo, in conclusione, che non può mancare nella libreria degli appassionati.
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