“ La pittura non è fatta per decorare gli appartamenti. E’ uno strumento di guerra offensiva e difensiva contro il nemico”.
Con questa toccante frase di Pablo Picasso, l’ideatrice e coordinatrice dal 1996 di ArteCinema, Laura Trisorio, introduce il suo breve contributo scritto al catalogo dell’evento.
Per chi non lo sapesse, e qui ci vorrebbe una bella tirata d’orecchio, Artecinema è un Festival internazionale di film sull’arte contemporanea, nato nel 1996 a Napoli, con l’obiettivo di far conoscere al grande pubblico le diverse espressioni dell’arte, attraverso una selezione di documentari sui maggiori artisti, architetti e fotografi della scena internazionale. Il festival propone quindi una selezione di circa trenta documentari l’anno, divisi in tre sezioni principali: Arte e Dintorni, Architettura, Fotografia.
Quest’anno, la manifestazione, giunta ormai alla sua diciassettesima edizione, ha voluto però distinguersi dalle precedenti, inserendo all’interno della programmazione a tre sezioni; un fil rouge, quello della politica, dei diritti umani, della libertà d’espressione, della guerra, dell’ambiente, del sistema economico viziato e della conseguente crisi internazionale ad esso collegato.
L’inaugurazione dell’evento è avvenuta giovedì 4 ottobre nella splendida e sempre suggestiva cornice dello storico teatro San Carlo di Napoli; sfortunatamente non sono riuscito ad accreditarmi per la serata inaugurale, perdendomi uno dei documentari più importanti dell’evento, quello dell’artista cinese Ai Weiwei, arrestato e recluso in una località segreta del suo paese per aver espresso, attraverso il linguaggio artistico, il proprio dissenso verso il governo comunista, intitolato Without Fear of Favour (2010).
Venerdì 5 ottobre il festival ha cambiato location, spostandosi nel più consueto teatro Augusteo. La visione dei documentari era ad ingresso gratuito con traduzione in cuffia, bastava avere la carta d’identità per garantirsi l’uso dell’apparecchio in sala, la programmazione giornaliera partiva dalle 17 e terminava alle ore 24, per una durata totale di tre giorni full immersion artisticocinematografica.
L’affluenza di pubblico è stata sempre abbastanza numerosa e variegata, dai giovani “alternativi” alle “vecchie” alto borghesi ingioiellate che avevano fatto il bagno nel profumo. Nella prima giornata, ho potuto assistere al più bel documentario, secondo me, dell’evento, dal titolo, The World According to Ion B. ( 2010 ), del regista rumeno Alexander Nanau, co – prodotto dall’americana HBO. Il film racconta la toccante storia di Ion Barladeanu, un clochard rumeno di 62 anni che viene scoperto per caso da un famoso gallerista come autore di straordinari collages, molti dei quali a sfondo politico, sulla dittatura comunista di Ceauşescu ed inserito nel magico mondo dell’arte, trasformando così la sua triste vita. Molto poetico, il documentario, girato in maniera oggettiva, senza giochi di facile commiserazione, racconta l vita e l’arte di questo pover’uomo dal ricco talento e dalla fervida immaginazione, oltre che del suo riscatto personale e sociale in una realtà spesso arida ed opportunista, come quella della nostra epoca. Nella stessa giornata, in chiusura, si è poi assistito all’interessante esperimento del documentario inglese del 2011, Art Is a Child’s P lay, di Matthew Springford. L’opera mostra come l’esperienza creativa del gioco infantile abbia influenzato il lavoro di alcuni tra i più noti artisti britannici contemporanei come David Bailey, Marc Quinn e Gavin Turk. Facendo ricostruire la propria stanza in una scatola di scarpe, sia a dei bambini che ai suddetti artisti; il film indaga, in modo curioso ed attento, all’evoluzione dello sviluppo creativo individuale, affrontando anche argomenti delicati come l’abuso sui minori e la violenza in famiglia. Consiglio comunque a chi fosse interessato all’argomento di recuperare in DVD, l’interessante documentario di Amir Bar-Lev, My Kid Could Paint That – La pittrice bambina, del 2007, distribuito in Italia dalla Sony Pictures.
Sabato 6 ottobre è stata la giornata più ricca da seguire, una vera e propria maratona d’immagini sull’arte. Iraq in Venice, documentario inglese del 2011 di Jill Nicholls, affronta le toccanti storie di sei artisti iracheni sparsi per il mondo mentre preparano il loro lavoro per la Biennale di Venezia. Testimonianze di vita, oltre che d’arte, davvero sconvolgenti e drammatiche, come quella di Halim al Karim, vissuto per tre anni, nascosto in una buca nel deserto durante il regime di Saddam Hussein. Sempre nella sezione Arte e Dintorni, It is GRRR Jamming Squeak, documentario prodotto in Olanda, dell’italiana Antonella Licata, incentrato sull’arte musicale di Paola Piva, artista che usa il suono degli animali nelle composizioni, in omaggio e nel rispetto della natura e dell’ambiente, ha avuto non pochi problemi tecnici durante la proiezione, ed è quindi saltato dal programma. Di seguito il delicato quanto concettuale Kimsooja, Le Voyage Immobile ( 2012 ) , del francese Gill Coudert, regista presente in sala, che è stato anche intervistato prima della proiezione. Il suo film indaga sull’opera dell’artista coreana Kimsooja, dalle prime istallazioni con i tessuti colorati del suo paese, ai suoi progetti più recenti incentrati sul tema dell’immigrazione e quindi del viaggio. Il documentario, se pur ben realizzato, però era un tantino troppo astratto e concettuale, risultando essere a tratti lento e noioso.
Infine, sempre nella giornata di sabato, in tarda serata, vi è stato uno degli eventi di punta del festival, il documentario sulla vita e sulle opere del celebre artista britannico Damien Hirst, quello del teschio tempestato di diamanti, per intenderci, intitolato: Damien Hirst: Thoughts, Work, Life (2012), del montatore e regista inglese Chris King. Il film mostra, attraverso l’uso di documenti inediti, tratti dall’archivio personale dell’artista, le varie fasi della carriera di Hirst, dall’infazia a Leeds fino all’ascesa verso la fama, passando per gli anni di formazione londinesi. A me Hirst, non è particolarmente simpatico, sembra più una rockstar che un creativo, e le sue opere non mi emozionano particolarmente. Comunque il suo documentario sicuramente ha destato interesse, risultando uno dei più seguiti in sala.
Domenica 7 ottobre è stata la giornata della fotografia, forse l’arte più vicina al cinema e quindi ai documentari. Il primo film del 2011, del francese Thierry Spitzer, proiettato alle 19, riguardava il “ ladro d’immagini” David Douglas Duncan, famoso reporter di guerra, e del suo intimo e profondo rapporto con il pittore spagnolo Pablo Picasso, partito come amicizia nel 1956 e giunto fino alla scomparsa del famoso artista iberico. Didascalico il titolo dell’opera: Picasso at Work Throuugh the Lens of David Douglas Duncan. Il secondo documentario, molto più interessante ed esaustivo, sempre sull’arte della fotografia, era
dedicato alla brillante quanto affascinante figura del grande viveur Bert Stern, uno dei fotografi di moda più apprezzati al mondo, nonché fautore di straordinarie campagne pubblicitarie. L’opera dal titolo, Bert Stern: Original Madman (2011), diretta dall’americana Shannah Laumeister, indaga oltre che sull’artista anche sull’uomo, raccontando con passione, amori, delusioni, follie ed amicizie importanti, come quella con il regista Stanley Kubrick e con l’attrice/ icona Marilyn Monroe.
Concludendo, ArteCinema è, e resta, un’importante realtà culturale della nostra amata città, oltre che un attrattore turistico di rilievo internazionale, come l’assessore Antonella Di Nocera giustamente scrive nel suo intervento all’inizio del catalogo dell’evento. Speriamo che il festival continui a crescere, semmai con qualche giorno di proiezione in più e qualche bella collettiva allestita in contemporanea all’evento. L’evoluzione è parte integrante dell’arte, altrimenti sai che noia!