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Il conto da pagare

_ …allora, cosa pago?
– 3 polpette agli inglesi, 2 bistecche fiorentine, un risotto alla milanese stracotto e pure un fetta di pandoro veronese.

Alla fine ci sarà sempre qualcuno che viene a chiedere il conto. È nella logica delle cose, non bisogna certo allarmarsi. Dostoevskij scrisse molti dei suoi romanzi migliori per pagare dei debiti di gioco. Più che gli editori, le sue ispirazioni erano obbligate dai creditori. E così il Napoli, dopo aver messo insieme un quattrino di vittorie, si è presentato alla corte ducale. È squadra tosta, il Parma, ma questo forse il Napoli lo sapeva già; anche se la partita è sembrata dire il contrario: quasi mai arginate le folate sugli esterni dei giallo blu, innescate a dovere dal centrocampo della squadra di Donadoni (vecchia sonnolenta conoscenza napoletana)che non ha mai – quasi mai – sofferto il duo Gargan/Dzemaili, apparso davvero poco lucido e per niente reattivo. Colpa pure, probabilmente, dei viaggi per le nazionali, stavolta il circo Mazzarri non ha offerto nessun tipo di spettacolo, tranne uno: Lavezzi. È stato lui il Mose’ di questa domenica di transizione. Un dribbling poetico d’altri tempi per innescare la garanzia Cavani in occasione del rigore che ha portato al primo gol; una serpentina a confondere avversari e guardalinee (autore di un topica di moggiana memoria) per poi firmare personalmente il definitivo 2 a 1. E non fa niente se l’eventuale 3 a 1 che avrebbe arricchito mezza Napoli (chi scrive è incallito scommettitore, e ha diretta conoscenza del risultato più giocato dagli scommettitori di fede azzurra. Il 3 a 1 è un must del tifoso napoletano, al pari di bere caffè Borghetti prima del fischio d’inizio sullo stadio) se l’è divorato senza vergogna, colpendo il palo esterno con la porta completamente sguarnita.
Partite come queste, nelle stagioni giuste, valgono persino scudetti. Vincere nonostante al Parma sarebbe andato più che stretto anche il pareggio; vincere avendo a nostro favore tutti gli episodi arbitrali dubbi; vincere anche se per vincere si è fatto ben poco, quasi niente, come anche lo stesso Mazzarri ha ammesso nelle interviste post partita.

Come chiunque altro, ci siamo trovati molte volte dell’altra parte della barricata a recriminare per sfortuna o clamorose sviste arbitrali. E ce ne siamo lamentati, ma non ne abbiamo mai fatto un tormento. Squadra come il Napoli subiscono per definizione quella che viene descritta come sudditanza psicologica a favore delle grandi potenze del Nord. Ieri  ne abbiamo usufruito noi, a discapito di un Parma che comunque merita elogi e in bocca al lupo perché è squadra sì sprecona ma decisamente quadrata ed equilibrata, proprio come il suo nuovo allenatore.

Dicevamo del conto da pagare. Sembrava proprio questa la partita per doverlo fare. Dopo 3 vittorie consecutive sembrava volerlo pure la statistica, che voleva un Napoli incapace di filotti di vittorie di questa portata.

E invece… ecco Valeri, ecco la grinta di un Pocho che ora sembra davvero un leader sorridente di una squadra comunque rodata e arcigna, che permettono ai partenopei di restare in scia di una Lazio ancora vincente nel derby (che si sbarazza di una Roma in caduta libera) e di un Udinese che pare avere smarrito la via del gol, più di quanto l’assenza momentanea di Di Natale avesse lasciato presagire. 43 punti, solo 5 dalla Lazio e 8 dalla Juventus, finalmente rientrata nei propri ranghi. Oggi vedo il Napoli come la squadra più accreditata per il terzo posto, avendo dalla sua una consolidata base di gioco e di giocatori chiave. Giocatori che però, gioco forza, si ritroveranno Venerdì a sfidare non solo il Cagliari, ma anche loro stessi, con più di un pensiero allo Stamford Bridge, per provare a fare la storia, ad inventarla quasi.
La partita di Londra è fondamentale e sarà un crocevia che deciderà, a mio dire, anche gran parte delle mosse di mercato estivo. Perché un Napoli che diventa ancora più conscio di potersela giocare fino agli ultimi livelli pure in Champion’s League, è squadra che non ha bisogno di elemosinare “amori per la maglia” o promesse spettacolari, per mantenere i suoi campioni. Tra i quali c’è Ezequiel Lavezzi di Villa Galvez. Uno che sforna dribbling poetici pure quando l’ultima delle preoccupazioni della squadra è quella di incantare. Uno che ora sembra caricarsi l’intera squadra sulle spalle senza avvertirne il peso. Uno che segna e fa facce incredibilmente decise.

Lavezzi, uno a cui è meglio non ricordare che i conti si pagano; ma come si dice qui a Napoli: pe’ pava’ e  muri’ ce sta semp’ tiempo.”

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