Probabilmente non era questa. Anche se, diciamoci la verità, pochi se l’aspettavano. Specie dopo aver visto quella sciattezza con cui la squadra si armava in quasi tutte le ultime partite. Perché qui non sarebbe bastata l’attenzione avuta col Chievo. Quel compitino che fa lo studente per non dare nell’occhio in negativo. E si sa, in certe situazione non risultare negativi diventa di per sé elemento positivo. Lo stiamo dicendo da settimane: martedì c’è la STORIA! No, niente a che fare con la presa di Palazzo Chigi. E no, nessuno salverà la Grecia, nessuno costruirà il ponte sullo stretto e, a quanto ne so, non sarà emanato nessun disegno legge che vieterà il festival di Sanremo fino alla fine dei tempi.
Napoli VS Chelsea. Fino a poco tempo fa potevi leggerlo solo sulla play station. Se il Napoli facesse un decimo delle finali di Champion’s che ho fatto io a Fifa ora staremmo parlando di routine. E non dell’avvenimento dell’anno. Che dico, degli ultimi 20. Lo sa la gente, che ha bruciato migliaia di biglietti in poche ore. E non dico per dire, parlo di ore. Le file fuori il botteghino 6 le vedevo dal mio balcone. Sembravano quelle per il pane, nei tempi di guerra. Che poi anche oggi si combatte. Perché se il calcio è diventato ciò che è diventato, è perché c’è qualcosa di cui abbiamo bisogno. Qualcosa che ci hanno tolto, e in un modo, come dire, forse poco moderno, proviamo a riprendercelo. Stavolta non è Dio nelle chiese, ma Lavezzi nel catino in cui ha librato Maradona, che pure coi santi, in quest’inferno, ci ha a che fare. No, non voglio essere blasfemo o superficiale o pittoresco. So bene cosa significa Lourdes, da sopra queste ruote e credetemi: se Dio vale Dio, allora sarà contento di vedere così felici e trepidanti 1 milione di persone. Non succedeva da tempo. Abbiamo cambiato il sindaco, molta gente che se ne stava nelle trincee ha cominciato a imbracciare megafoni e sventolare striscioni; voglio dire, ogni tanto pensiamo di dover credere e combattere per qualcosa che sia più di noi stessi. Ma non è facile. Ancor meno al giorno d’oggi, converrete. Eppure a fuorigrotta non ci saranno soltanto 60 mila voci per un unico traguardo, ma centinaia di migliaia di anime in tutto il mondo che sentiranno di poter guardare al futuro in un modo diverso, fino al prossimo sorteggio, fino alla prossima sfida.
Sabato siamo ritornati nei ranghi. Perché non si trattava adesso più di vincere e basta. Si trattava di ritrovare smalto, quella condizione di lucida estasi che la banda mazzarri ci aveva abituato a vivere. Non solo ripartenze da cartellino timbrato, ma vivida tecnica, linee compatte, Hamsik sacrificato ma decisivo nell’ultimo passaggio. Un matador speciale che esplode chirurgiche saette da far impallidire la prosa del migliore Céline, che pure medico lo era. Al Pocho si può chiedere di più, ma se risparmia in galoppate per poter disegnare traiettorie come quella del 92esimo, allora che lo faccia: un gol non ha eguali, per effetto e decisività.
La prestazione di sabato del Napoli va di certo, come qualunque altra, inserita in un contesto più grande, che comprende l’attuale pochezza della fiorentina, la mancanza di stimoli reali e la differenza odierna di base fra le due compagini; perché se è vero come è vero che Jovetic vale un tenore, per il resto i viola sembrano proprio in quella fase in cui è meglio ricominciare a programmare. Ci sono anche quelli che io definisco passi indietro di Mazzarri, a corroborare il tutto. Ad Inler viene concesso uno spazio di manovra a lui più congeniale, chiedendogli nuovamente molto dinamismo e pochi compiti d’impostazione. Hamsik viene a fare il Pirlo così che lo svizzero possa diventare la eco di un Pazienza lasciato andare senza remore. Il Napoli ne ha giovato, ma una differenza di 18 milioni di euro tra l’acquisto dell’elvetico e la cessione del pugliese sembrano essere l’ennesima boutade di un mercato che è stata finora la pecca più grande in tutto il settennato del Dela. Personalmente ritengo Inler uno di quei giocatori di un’altra categoria, forti e precisi e con la giusta tenuta mentale – da arcigno europeo d’oltralpe – per giocare in una piazza rumorosa e piena di pressioni quale è la nostra. Ma ritengo oggettivo il problema tattico che ne ha caratterizzato le prestazioni finora. Non voglio suggerire soluzioni, ma spero soltanto che il prossimo acquisto col botto del presidente riguardi calciatori che non saranno costretti a modellare il proprio gioco, in modo da essere pronti subito e per traguardi importanti.
Ce n’è uno martedì. E ci sarà anche Grava. Grava da San Nicola la Strada. Che non so se sia davvero il simbolo di questa squadra, ma di sicuro lo è della poesia del calcio, che non chiede documenti ma soltanto sudore e lacrime (elargendo buoni stupendi e troppe tentazioni). Di quei giocatori vecchia maniera, Grava, un Bruscolotti bonsai, alto come un soldatino di cera ma duro, spigoloso e puro come le pietre che la sua cittadina forniva per costruire la Reggia di Caserta.
Napoli VS Chelsea, e poi un terzo posto a cui poter strizzare nuovamente l’occhiolino. Da San Nicola la Strada a Londra, senza dover più passare dal via.