Chi scrive ebbe modo di riferire a Gaetano di Vaio, autore di “Il loro Natale”, recentemente edito in dvd (Prezzo € 10,66) dalla sempre puntuale Rarovideo-Minerva , ed allora ospite di un concorso di cortometraggi intitolato alla memoria di Dino De Laurentiis, che la sua esperienza cinematografica ricordava molto quella del grande Sergio Citti, complice insostituibile di Pier Paolo Pasolini, il suo «vivente lessico romanesco», come lo definì il poeta di Casarsa, unico regista sottoproletario del cinema italiano. Unico, fino a Di Vaio. Come per Citti, la scuola di Di Vaio (napoletano della periferia, classe 1968) è stata la strada, ed il carcere; come per l’autore di “Ostia” e “Casotto”, il cinema è stato per lui un’ancora di salvezza, il grimaldello per scoprire potenzialità artistiche insospettate, forse perfino da sé stesso. Oltre la comune estrazione sociale e l’esperienza di reclusione, Di Vaio ha in comune con il romano anche una profonda adesione solidaristica con il mondo degli umili, degli ultimi, dei perdenti, dei “dropout” di cui è piena Napoli e le sue “banlieues”, come ogni grande metropoli del mondo; quegli ultimi che spesso delinquono perché non hanno altra scelta, o altra cultura. Da «uno che ce l’ha fatta», ma che non dimentica la dolente umanità da cui proviene, nel suo primo lungometraggio documentario firmato come regista e sceneggiatore, oltre che come produttore (con Minerva Pictures), “Il loro Natale” (titolo che richiama uno dei numi tutelari del nostro, Abel Ferrara, di cui peraltro ha prodotto il bel “Napoli, Napoli, Napoli”, uscito nel 2009), Di Vaio ritorna, simbolicamente ma anche fisicamente, nell’universo reclusorio di Poggioreale, raccontando un Natale molto particolare, quello dei parenti dei carcerati: genitori, fratelli, sorelle, figli che, privi del sostegno dei congiunti, tirano avanti come possono, passano ore in fila davanti alla casa circondariale per ottenere un colloquio con i reclusi, a loro volta in condizioni al limite della decenza, tra emergenze logistiche e igieniche continue, in una prigione che ospita (si fa per dire) il doppio dei detenuti che potrebbe contenere. La vita, l’orgoglio, i sacrifici, le speranze di questi “losers” sono descritti dal regista con asciuttezza, senza sussulti retorici, con la limpidezza di uno sguardo che entra nel loro mondo mantenendosi sempre alla loro altezza, senza indulgere in facili pietismi o in “topoi” della vulgata giornalistica da reportage televisivo; “Il loro Natale” ha un’indubbia forza cinematografica (mercé anche della sapienza di Giogiò Franchini al montaggio, una garanzia), denuncia con intelligenza la durezza della condizione carceraria italiana, oggetto proprio in questi giorni di progetti di riforma governativi che – ci si augura – conducano ad un sostanziale miglioramento di un’istituzione che troppo spesso distrugge, anziché rieducare; inasprisce le pene, anziché far pagare il giusto. Anche il cinema può dare il suo contributo, in questo senso.
A corredo dell’impeccabile edizione in dvd, l’intervista al regista per “Presadiretta”.