La riflessione sul diritto d’autore nell’era di internet e la musica hanno concluso in bellezza la seconda edizione di Dieci Lune – Festival dell’autore, svoltasi dal 13 al 15 aprile presso la Domus Ars (Chiesa di San Francesco delle Monache) di via S. Chiara 10 a Napoli. La prima è stata argomento di discussione in una tavola rotonda che ha visto alternarsi gli interventi di Armando Rotondi, moderatore e organizzatore del festival, l’avvocato Fabrizio Macrì, tra i fondatori delle romane edizioni Bel-Ami promotrici della “kermesse” ed esperto di diritto d’autore, e Alfredo Esposito, giovane titolare dell’etichetta discografica Subcava Sonora: è stata l’occasione per denunciare l’inadeguatezza della situazione italiana in materia di aggiornamento del diritto d’autore nell’era digitale, ancorata com’è ad una legge (udite, udite!) datata 1941, in piena epoca fascista, che assegna alla SIAE un monopolio di fatto nella tutela del diritto in questione, ma con franchigie e sbarramenti che difficilmente – a meno che non si riscuota un successo clamoroso nel settore musicale o letterario – riescono a garantire ad un astista di media levatura di che vivere dignitosamente. Di recente, per contrastare la soffocante egemonia della SIAE, sono nate esperienze come le reti di “Creative Commons”, agenzie di tutela cui gli autori possono rivolgersi, registrando le proprie opere e assicurandosi la libera circolazione da parte dell’agenzia, a patto che venga sempre riconosciuta la paternità delle opere e che non si lucri su di esse (senza il consenso degli autori): per un artista alle prime armi è forse preferibile utilizzare la somma che spenderebbe iscrivendosi alla SIAE per autopromuoversi in fase di start-up, specie al giorno d’oggi, grazie ai social network e al web.
La musica invece ha assunto i volti, le voci, i suoni del gruppo di musica popolare “Aizammo ‘a voce”, artefici di una performance trascinante: interpreti di una tradizione canora che mette insieme, sincreticamente, le suggestioni provenienti dalla musica folk della penisola, pizziche, ballate, tarantelle, come veicolo di racconto degli umili e degli emarginati di ogni tempo e luogo, e che proprio nella musica semplice di tradizione contadina trovano ancora canali di espressione.
[Tutte fotografie sono di Michela Iaccarino]