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Il Castello di Bach. – Messa in si minore a S. Elmo

 – di Carlo Capuano. 

Ebbene, amici cari, ho impiegato un giorno prima di scrivere qualcosa sulla Messa in si minore eseguita sabato sera, 31 marzo, all’Auditorium di Castel Sant’Elmo.

Si narra che ai concerti di Arturo Benedetti Michelangeli dopo l’ultima nota passassero diversi secondi tra questa ed il primo applauso. In quei secondi c’era la fisiologica discesa sulla terra. In quei secondi c’era la sospensione, lo smarrimento, l’estasi. Mi approcciavo alla mia quarta Messa e la salita di via Morghen mi sembrava la naturale ascensione verso la cattedrale bachiana come sempre, i bachiani mi capiranno, piena di ansia e deferenza. Prima piacevole sorpresa, tutto esaurito: “bene!” mi dico, “Napoli risponde alla grande”. Piacere mitigato in parte dalla scoperta che molti presenti in sala sono stranieri, tedeschi soprattutto. Loro hanno una grande educazione musicale (ce lo ha rinfacciato Ennio Morricone proprio in questi giorni) e trovano normale, necessario, assistere a un appuntamento così importante prima di finire la serata in qualche pub/club/piazza.

I nostri concittadini a quell’ora, invece, sono alle prese con l’irrinunciabile messa a punto del look per l’ennesima serata danzante. Cose dette e ridette, la nostra città musicalmente è prossima alla morte ma ora pensiamo alla vita. Dicevo, tutto esaurito. Ultima sigaretta prima dello scalone del castello, pessima idea come sempre, arrivo su con il fiatone. Con me c’è l’amico di sempre, il mio iniziatore, un melomane di ferro che non disdegna sortite in terra luterana. Dirige Helmut Rilling, questo ci rassicura, quello che ci incuriosisce è l’orchestra, giovanile, selezionata con metodo altamente meritocratico dopo una “Settimana Bach”. Rilling c’è, il rigore bachiano anche e si comincia.

Al Kyrie, terrore dei cori, noto subito una certa esuberanza, le note suonate con vigore, e il coro per nulla preoccupato di salire con morbidezza. Rapido scambio di occhiata con il mio amico e ci diciamo un “mah” quasi solo con le facce.

Quel “mah” Helmut Rilling ce lo fa rimangiare con gli interessi proponendoci una Messa giovanile, quasi ottocentesca, che mette a tacere due vecchie zie filologiche come me e il mio amico. Superba prova anche dei solisti. Le sbavature ci sono state ma in quel vigore giovanile erano congrue, le cose di polso le prevedono. La Messa ci cattura fino alla fine in un applauso liberatorio, meritato, al maestro e all’orchestra, guadagnando di diritto un posto particolare tra quelle viste dal vivo (Koopman, Suzuki) e tra quelle ascoltate.

Esco dal castello riproponendomi di scrivere subito qualcosa. Riscendo sulla terra, scale di via Morghen, Fonoteca, Long Island, sguardo di Tiziana investigativo al banco e… “Tizià, che concerto!”.

Un “subito” durato tre giorni di fisiologica ridiscesa sulla terra.

http://www.associazionescarlatti.it/index.php?m=concerts&t=open&id=115

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