La gastronomia è alta cultura, sia che si tratti di tradizione che di innovazione. Ed è per questo motivo che l’annunciata, e si spera smentita dai fatti in futuro, chiusura di Bellavia al Vomero a via Luca Giordano ha una valenza non dissimile dalla chiusura di Guida o di Loffredo.
Bellavia ha una importanza notevole nella storia gastronomica napoletana dell’ultimo secolo, punto di contatto tra due tradizione, quella partenopea e palermitana di origine, unendo insieme i punti forti delle due scuole. È difficile pensare a una chiusura per fitti dei locali aumentati in maniera esponenziale (15 mila euro alla luce del nuovo contratto da metà aprile), in particolare in un periodo in cui il Vomero (ma in genere Napoli) vede il moltiplicarsi di negozi gastronomici e di pasticceria. Si pensi all’espansione di Leopoldo e all’arrivo, al Vomero e altrove, di Mennella da Torre del Greco.
La voglia, come ne parla , di chiudere tutto e trasferire la pasticceria completamente a Milano lascia paradossalmente con l’amaro in bocca perché potrebbe essere un tesoro che viene perso. Napoli è sempre stata orgogliosa e protezionista nei confronti del proprio cibo e delle proprie prelibatezze (secondo alcuni una sorta di nazionalismo culinario o di provincialismo). Bellavia a Milano sembra quasi una ferita. Non certo causata da Bellavia.