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Cinema

La Bella e la Bestia, ovvero quando la mania del (ri)fare annienta la magia

bella

Quando ci si approccia ad un remake, lo si deve fare sempre coi piedi di piombo per chi ci lavora, e le aspettative di chi guarda devono essere sempre basse per evitare forti delusioni.
Disney prosegue nel suo progetto di rinnovamento delle fiabe su cui ha fondato la sua fortuna, con questo 5° tentativo (dopo Malefica, Cenerentola, Elliot, Il libro della giungla ed ora La bella e la bestia).
A mio avviso non sono tutti esempi riusciti, anzi… e già tremo per Mary Poppins 2, la Sirenetta e gli altri in cantiere.

Correva l’anno 1992 e Disney presenta il primo cartone animato realizzato in parte con l’ausilio del pc: insuperate sono le animazioni computerizzate (il gran ballo, i movimenti di Lumière, le coreografie della tavola imbandita (via la noia, la tristezza… viva la spensieratezza.. e gli amori e i misteri degli amici candelieri… che raffinatezza, grazia e perfezione) (confessa, stavi canticchiando?).

Ci siamo emozionati tutti in quel castello, con quelle musiche e quella palpabile magia. Poi un bel giorno a qualcuno venne in mente di rimettere mano alla Storia e fu commissionato il live action, adesso nei cinema.
Disney profana così il suo ultimo vero grande classico, La bella e la bestia, trasformandola in una inconcepibile baracconata.
Il live action non regge il confronto con le incantate atmosfere del cartone del 1992.
Brutto è il doppiaggio italiano. Privo di senso è il riarrangiamento delle musiche e le modifiche ai testi, divenuti molto meno musicali.
Bonjour di Belle diventata il canto della corte dei miracoli. Lei sembra più una casalinga disperata intenta a leggere i romanzetti Harmony e poco mostra (e male) la sua “diversità”, la sua estraneità a quella provincia bigotta e banale; la canzone di Gaston doveva essere il momento friendly, il tanto preannunciato primo personaggio gay in un film Disney ed ecco subito sfociare quella che doveva essere il crollo del tabù (nella vita reale) nella parodizzazione del personaggio Le Tont, o meglio il femminiello goffo, grassoccio e stupido, che vive all’ombra del “potente” Gaston, e che nel finale si ritroverà a ballare con un ragazzo (che però rivela la propria omosessualità dopo essersi vestito e truccato da donna, nella lotta contro l’Armadio lirico).
Stia con noi è un chiaro omaggio a #ilbossdellecerimonie.
Bella che è la più sfasteriata dell’intero universo, con quella faccia appesa per 125 minuti.
La bestia con pettorali, poi, non si può sostenere, e diffiderei nella vita reale di chi ha solo pensato (e pii a chi ha realizzato) una oscenità simile.

Il ricordo del passato di Belle sconvolge la favola. Lei è lì nella lotta tra Bello e Brutto, Buono e Cattivo, nel rapporto tra prigioniero e rapitore: il rapporto con la propria madre, il suo abbandono necessario per salvarla da una epidemia, mi sembra forviante e male si addice alla caratterizzazione del personaggio Belle.
L’attacco al castello e lo scontro tra Gastone bellofuoribruttodentro e la bestia hoimparatoadamareeadessereamato è la parte più sobria e riuscita del film, ed è pressappoco identica al cartone.
Nel finale non viene risparmiato il ritorno della sgraziata baracconata, con tanto di maghetta che influisce sulla rosa, che ha perso pure l’ultimo petalo.
La magia si compie, l’amore vince, l’incantesimo si spezza e viene mostrato lo stellare cast: mai cosi mal utilizzato.

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