Eduardo De Filippo ha sempre comportato un grosso problema di carattere intellettuale e teatrale nella scena italiana contemporanea post-eduardiana. Il problema della sua rappresentazione e della rappresentazione dei suoi testi. Eduardo, icona, corpo attoriale e drammaturgo le cui opere sono disegnate sulla sua figura, le sue espressioni, il suo viso, la sua voce, spinge il regista a chiedersi come studiare e lavorare sui testi, conscio di trovarsi davanti un pubblico che è, in Italia e non solo a Napoli, un pubblico eduardiano.
Come per Scarpetta, il pubblico vuole vedere Eduardo come fatto da Eduardo, per poterlo giudicare con i parametri che conosce, anche dicendo “la versione di Eduardo è tutta un’altra cosa”. Il regista lo sa e per questo è difficile sperimentare forme nuove. Consapevole è anche il critico che invece vorrebbe, molte volte, che le opere di Eduardo fossero liberate dall’ombra dell’Eduardo interprete e considerati testi di un grande drammaturgo su cui lavorare con infinite possibilità.
In questo senso hanno lavorato Servillo con Sabato, domenica e lunedì e Latella con Natale in casa Cupiello. In linea di massima, sono concorde nello sperimentare, nel vagliare nuove vie lontane da quello che normalmente ci si aspetta.
Tuttavia si tratta un discorso che ha senso nel contesto italiano e appare chiaro dalla visione di Sik Sik y otros, versione in castigliano per la regia di Guido Torlonia, di Amicizia (Amistad), Pericolosamente (Perigrosamente) e Sik Sik l’artefice magico, presso lo splendido spazio del Teatre Akademia di Barcellona, con il patrocinio dell’Istituto Italiano di Cultura, sino al 15 gennaio, dopo un mese di repliche.
Certo, da un lato, un pubblico straniero, come quello catalano, un pubblico non eduardiano quindi, permetterebbe di sperimentare senza considerare l’Eduardo di scena. Ma, da un altro punto di vista, una messa in scena straniera porta a delle riflessioni sulla convenienza artistica di riscoprire e riproporre i testi “alla Eduardo”, facendo di Eduardo la nota chiave, la particolarità.
Per tale ragioni, trovo profondamente giusta la regia di Torlonia che ripropone le opere, due splendide farse e un testo difficilissimo come Sik Sik, in modo che si possa percepire Eduardo De Filippo, che si possa percepire un tocco chiaro. Questo pur non disdegnando scelte registiche forti e ben pensate, come l’idea di ricreare un teatrino a vista, con cambi di scena a vista e un ritmo frenetico.
Gli attori (Pep Molina, Annabel Totusaus, Xavier Capdet, Javier López e – fuori scena – Marta Olivella) scelti con grande cura e perfettamente in parte. Si spendano elogi quindi per gli interpreti dei ruoli maggiori: Pep Molina ha un volto che ricorda il compianto Luca De Filippo, dà corpo e voce ai testi, dando il meglio di sé nel Sik Sik testo, come detto, difficilissimo linguisticamente, giocato in originale sul rapporto italiano-napoletano, su cui gli adattatori, partendo dalla traduzione di Valbuena, hanno fatto un gran lavoro per riproporre questo rapporto e i giochi di parole. Sik Sik è un testo dove la parola e il dialogo sono dinamici, si inseguono, vivono senza pause. Annabel Totusaus magnifica e versatile interprete, una Loren catalana, dotta di fisicità, fascino e doti interpretative indubbie. Infine Xavier Capdet, anch’egli di straordinaria fisicità e doti, con tratti comici che ricordano Macario.
Il pubblico ha riso incessantemente e, oltre ad essere giusto così, è stato un bel motivo di orgoglio da napoletano nel pubblico.