Si è parlato molto, e giustamente, del Giffoni Film Festival 2016 sui vari media nazionali e internazionali, soffermandosi il più sui grandi ospiti che hanno costellato questa edizione (dal cast di Gomorra, a Matteo Garrone, da Mika sino a Jennifer Aniston). Ma tra le varie sezioni della ricchissima programmazione di questa edizione appena conclusa vale la pena spendere qualche parole sul “Made in Qatar”, a dimostrazione anche della forte sinergia con Doha.
Quattro cortometraggi di produzione del Qatar (Good as news, Immortilizing memories, Light sound e To my mother) che rappresentano delle vere e proprie chicche, la cui importanza va al di là della loro intrinseca qualità artistica. In un periodo storico durante il quale molti parlano di un presunto “scontro di civiltà”, è importante, se non essenziale, proporre una produzione monografica da un paese come il Qatar, con cortometraggi capaci di parlare a una fascia di pubblico giovane.
Si va così dal confronto tra la modernissima Doha e Ateya di Immortalizing memories, alle storie di Naurs, sposata a 11 anni (To my mother), agli scherzi di Sajid che lavora in una moschea (Light sound), sino alle vicissitudini, quanto mai attuali, del giovane Moayyad che lascia il suo paese, la Siria, in cerca di fortune in Qatar.
Dove risiede la necessità di una tale sezione? Anche e solo semplicemente perché esiste e ci mostra una visione interna e senza quello che Edward Said avrebbe definito “orientalismo da un punto di vista occidentale”.
Nella foto: “Good as new”